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cultura
di Vittorio Rosasco | 01 Dicembre 2007 | in categoria/e cultura edizione cartacea storia locale
RANGHINELLI - Degli alberi addobbati con mele e caramelle, dei lumini per le strade e di quella sorta di panettone fatto in casa: il nostro ricco Natale da poveri
Il periodo del Natale ha sempre avuto nel tempo un’atmosfera particolare, ultimamente purtroppo contaminata dal consumismo. Mi piace pensare di coinvolgere voi, cari lettori, con i ricordi, pochi e lontanissimi di quando ero ragazzo e, siccome mi ritengo un privilegiato avendo trascorso tanti anni insieme ai bambini, vi racconterò le attività che svolgevamo in classe, e come ho soddisfatto uno dei miei tanti hobby, quello cioè di costruire presepi. Quando ero bambino c'era tanta povertà, nondimeno l'attesa del Natale era spasmodica non certo per i doni che non esistevano ma per adornare l'albero, quasi sempre un ginepro o un qualsiasi ramo verde, agrifoglio, alloro, leccio. Niente palline colorate, niente nastri argentati, solo arance, mandarini, mele, qualche caramella e talvolta alcuni torroncini in scatolette, i più graditi. Ho un vivo ricordo della notte della vigilia: allora non c'era illuminazione stradale così verso le 23 uno spettacolo unico prendeva consistenza in modo naturalissimo: nella notte buia si vedevano decine e decine di lumini ondeggianti. Purtroppo non abbiamo foto dell’epoca, ma quella che vedete può rendere l‘idea. Erano i fedeli con la lanterna ad olio, provenienti dai più lontani e sparsi casolari che si dirigevano verso la chiesa perché tutti, anche quelli che non frequentavano le funzioni durante l'anno, alla Messa di mezzanotte erano presenti per cantare in coro la pastorale Tu scendi dalle stelle e per baciare il piedino del Bambinello a fine messa. Noi monelli, inconsapevoli dissacratori, facevamo la parodia e cantavamo: A Natale se mangia u bibin, coi beschoeti tucchè in tu vin, e 'na galli-nna, pe cuntentà u Bambin ghe voe un berodu (a Natale si mangia il tacchino, e i biscotti bagnati nel vino, e una gallina, per accontentare il Bambino ci vuole un sanguinaccio). In realtà il tacchino era riservato a pochi ricchi mentre molti bollivano la gallina (prelevata dal pollaio famigliare dopo aver accertato che non avesse l'uovo!) e nel brodo venivano cotti i ravioli. Ricordo che la mamma impastava farina, uova, poco zucchero perché era prezioso, un po' di burro-che tutti producevano in casa sbattendo per lungo tempo in un fiasco senza veste la crema accuratamente prelevata dalla scrematura del latte-un po' d'uvetta, pochi pinoli e faceva una specie di panettone. Era abbastanza duro ma per noi era una vera leccornia. La preparazione del Natale in classe era tutto un fervore di iniziative che occupava tutti: preparare la letterina, costruire un oggetto per mamma e papà (candeline di panno Lenci, slittini di legno adornati con stelle alpine di carta, centro tavola con fiori secchi precedentemente preparati, piccole capanne costruite con stecchi di biancheria di varie forme ecc.). C'era poi da costruire il piccolo presepio in classe: non c'è stato un solo anno che non l'abbiamo fatto e gli alunni erano orgogliosi e felici di contribuire. Qualche anno adornavamo anche l'albero di Natale, ma quello che maggiormente ci impegnava era la preparazione delle recite. Bisognava preparare i costumi, studiare poesie, scenette, canti, provare e riprovare per donare ai genitori una dimostrazione di …bravura. Le quattro ore del mattino non erano sufficienti per tutte queste attività non volendo trascurare il normale programma didattico, così invitavo gli alunni a partecipare, chi volesse, al pomeriggio (non esisteva il tempo pieno!). Lo credereste? erano sempre tutti presenti. Arrivava il giorno della esibizione ed era tutto un fremito… Ricordo un anno che i piccoli alunni, tutti vestiti di bianco, con le alette di cartone, in testa una coroncina con la stella, in mano una candelina accesa procedevano al buio lentamente cantando Stille Nacht , che mia moglie, maestra pure lei e convinta tedescofila, aveva perfettamente insegnato. Era uno spettacolo meraviglioso in un'atmosfera… celestiale e ancor oggi, quando rivedo la cassetta che avevo registrato provo emozioni indescrivibili e mi commuovo. Uno dei miei tanti hobby era quello di costruire presepi. In parrocchia ne ho costruiti…. tanti! Ma il primo lo feci nel 1951. Ero istitutore nel collegio Artigianelli di Chiavari e il mitico direttore Padre Pesce, mi disse che aveva aderito al concorso Presepi della città facendomi capire che ci teneva a far bella figura. Vista la mia perplessità si affrettò ad assicurarmi una collaborazione da parte di alunni più grandi. Non potevo dire di no al buon Padre Direttore, un uomo eccezionalmente buono. Mi ci misi di buzzo buono e ne venne fuori un prodotto gradevole: la neve cadeva sulle montagne innevate, i paesaggi, proporzionati ed armoniosi godevano di una grande profondità per un complesso gioco di specchi (ne avevamo persino tolto uno dall'armadio del vice-direttore!). C'era il ruscello che scorreva dai monti, c'era l'alternarsi del giorno, del tramonto (un tramonto mozzafiato!) e della notte. In primo piano, al centro della scena, una capanna bella e illuminatissima con la Natività. Quando tornai dalle vacanze natalizie e salutai il padre Direttore, vidi che gli occhi gli brillavano. Con un bel sorriso mi disse: " Bravo, ci siamo classificati al primo posto!" Ero felice per lui, meritava questa soddisfazione. Nel 1979 era Assessore alla Cultura della Comunità Montana Fontanabuona il geom. De Ferrari col quale ho spesso collaborato condividendo varie iniziative, come la prima Settimana bianca (che credo si faccia ancora oggi) e il primo soggiorno estivo in Val d'Aosta, entrambe da me dirette.Nel 1981 mi propose di collaborare ad una iniziativa nuova ed affascinante: un concorso di Presepi fatti all'aperto. Accettai con entusiasmo e l'idea piacque tanto che per alcuni anni si ripetè. Fu poi sospesa e ripresa nel 1988, coinvolgendo le parrocchie, da un altro abile organizzatore Renato Lagomarsino di Calvari e continua ancora oggi. Con questi ricordi voglio fare a tutti, ex alunni, amici, conoscenti, lettori, ma anche a tutti i bimbi, agli anziani, ai malati gli AUGURI più belli di BUON NATALE e FELICE ANNO NUOVO!
I commenti dei lettori
Franca Compiano:
per piacere : qualcuno ha il testo (in dialetto, ovviamente ) della canzone : Pe Natale se mange u bibbin, cun i bescotti tucchè in tu vin ?.... grasssie....
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