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cultura
00 Settembre 2007 | in categoria/e cultura
Tempo di funghi: imparare a riconoscerli
Il cucchiaino d’argento e la prova dell’aglio: i miti pericolosi da dimenticare e gli elementi da imparare
Permettetemi, prima di dire come osservare i funghi e descriverne alcuni velenosi per evitare avvelenamenti sempre pericolosi, talvolta mortali, di inviare un messaggio a tutti i cercatori: non fidatevi mai di conoscenze approssimative perché è meglio non raccogliere (e quindi mangiare!) un fungo se non si è sicuri al 100%. Rischiare un avvelenamento per leggerezza o fidandosi di persone non esperte è la cosa più stupida del mondo! Fatta questa doverosa premessa cerchiamo con poche note di imparare a conoscere meglio questo succulento frutto del bosco, senza la pretesa di essere un insegnamento su come riconoscere i funghi a colpo d'occhio, cosa difficile anche agli addetti ai lavori. Quante volte, addentrandovi in un bosco o costeggiando un prato vi sarete imbattuti in qualche fungo sconosciuto e non avete badato alla sua forma, al suo colore e, cosa assai più importante, non vi siete chiesti se fosse effettivamente commestibile o meno. Vediamo, perciò, quali sono le parti del fungo da analizzare, tenendo presente che prenderemo in esame un fungo appartenente all'Ordine degli Agaricali (Classe Basidiomiceti), che è la più evoluta, quella che presenta il maggior numero di caratteri differenziali ed a cui appartengono i funghi che si incontrano più comunemente. Nel prendere in esame uno di questi, prima di tutto bisogna guardare se, nella parte inferiore del cappello, vi si trovino delle lamelle ed allora si tratterebbe di un'Agaricacea (gruppo cui appartengono i "chiodini", le "mazze di tamburo", le "colombine", le "amanite" ecc.) o se vi si trovi, invece, uno strato di tubuli dall'aspetto spugnoso ed allora si tratterebbe di una Boletacea (gruppo cui appartengono i tanto amati "porcini"). Bisogna poi osservare i colori, le ornamentazioni e la forma del cappello e del gambo. Anticamente si pensava che i funghi potessero diventare venefici se nati presso piante velenose o presso tane di serpi, vicino a chiodi, ferri vecchi ecc. In realtà, gli avvelenamenti mortali o le intossicazioni gravi sono dovute all'ingestione di funghi particolarmente pericolosi. Del genere Amanita tre sono le specie mortali: amanita verna -amanita virosa - amanita falloide. Altro fungo molto pericoloso è il cortinarius orellanus (democybe orellana), abbastanza raro in Liguria. L'amanita falloide contiene una serie di composti tossici, 20 milligrammi dei quali possono uccidere una persona di 60 kg (in pratica un solo esemplare a completo sviluppo). La colorazione del cappello dell'amanita falloide è variabile dal bianco al giallo, al verde giallastro, al verde, all'oliva. La pericolosità è dovuta al fatto che gli effetti si evidenziano dopo 10, 24, 36, 48 ore o più , quando il veleno è entrato in circolo ed ha provocato effetti disastrosi ed irreversibili sul fegato e sui reni. Un altro fungo pericoloso è l'entoloma lividum (il 90 % delle intossicazioni in Liguria avviene per questo fungo) che viene confuso con la clitocybe nebularis (apprezzato in Liguria col nome di Peven). L'azione tossica di questo fungo è molto pericolosa per l'organismo, in quanto sembra contenga delle sostanze tipo falloidina che danneggia il fegato. Con questo fungo ci sono state parecchi casi mortali in Francia facendogli guadagnare l'epiteto di "perfido" (in Liguria "o malignou"). Vediamo le differenze principali: l’entoloma lividum ha lamelle rosa, alte arrotondate e staccate dal gambo. Il gambo è pieno sodo, la carne è bianca e soda con odore intenso di farina fresca. Clitocybe nebularis: ha lamelle più pallide, biancastre, basse, arcuate e decorrenti sul gambo che spesso è semi e cedevole, la carne è bianca, tenera, con odore molto forte e caratteristico, non sempre gradevole, sapore leggermente acidulo. A conclusione di queste note voglio ricordare che se non esistono sicure metodologie scientifiche per arrivare alla determinazione preventiva della tossicità di un fungo, tanto meno esistono metodi empirici. A niente possono servire le "prove" tramandate sino ad oggi dell'aglio o del cucchiaino d'argento o il viraggio di colore della carne o la presenza di erosioni prodotte da animali. Molte specie degradano le sostanze tossiche per mezzo della cottura essendo termolabili. Unico metodo comunque è quello della sicura conoscenza botanica della specie. Infine una raccomandazione: non rompete i funghi che non conoscete o che ritenete velenosi. Ricordate che i funghi hanno una funzione importante per l'equilibrio del bosco. A coloro che ancora credono che i porcini "visti" non crescono più come dicevano i nostri vecchi voglio ricordare che una simile sciocchezza non può essere più accettata. Se avete aneddoti, domande o informazioni sui temi trattati o ne volete proporre altri, potete scrivermi via posta presso i recapiti del Corriere o via mail a vittorio.rosasco@fontanabuona.com
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