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edizione cartacea, letture, storia locale
di Paolo della Sala | 01 Novembre 2008 | in categoria/e edizione cartacea letture storia locale
"Ëse Sestrin… pe moddo de dî" - Questo libro svela i lati più genuini di Sestri Levante
Un libro curioso ci offre il destro per parlare di Sestri Levante, e più in generale della cultura “indigena”, massacrata non già da antiche e nuove migrazioni, ma dalle “seconde case” che già hanno prodotto genocidi culturali nella Costa Brava spagnola e altrove. Oggi non ci sono più i pescatori, contadini e operai che formavano il fantastico mix culturale di Sestri Levante, arricchito inoltre da sparuti turisti olandesi e inglesi e da artisti locali e “foresti”. Non è arrivato nient’altro, in cambio.
Il testo “ëse Sestrin… pe moddo de dî”, di Anna Bertolotti dovrebbe essere utilizzato con profitto nelle scuole. Non è un discorso retrò o “leghista”: la conoscenza del proprio passato è fondamentale per il presente e per lo sviluppo del proprio futuro, e una società deculturalizzata non avrà né scienza né coscienza.
Corredato da una fantastica serie di fotografie e disegni storici, è disponibile nelle librerie ed edicole di Sestri Levante e del Tigullio. Anna Bertolotti è nata nel 1944 nella Baia di Levante e ha un solido background culturale. Nel 1992 ha promosso la ristampa dell’antico testo “Sestri Levante e il suo Crocifisso”, ha pubblicato Antighi Natæli (2001) e ha collaborato alla stesura de “Il cammino di San Paolo” (2005).
“ëse Sestrin” è un’ampia e documentata raccolta dei modi di dire utilizzati dai nostri vecchi per descrivere il loro mondo, divisi in ordine alfabetico. Uno dei primi che troviamo è “A béla de Toriggia, tütti i-a veuo e nisciûn ä piggia”e sembra basato su una storia vera: la Bella si chiamava Rosa Garaventa e su Farfalla, un foglio umoristico-letterario dell’epoca, ne comparve un ritratto con la didascalia: “Regina di Torriglia accende i cuor, si chiama Rosa e un fior ella è tra i fior”. Morì nel 1868, probabilmente nubile.
Restando in tema di donne il modo di dire “A mosce Loto e Bargon” (tradotto con “Mostra Loto e Bargone”, frazioni dell’entroterra) allude a una donna discinta o seduta scompostamente.
Per chi si sposava c’erano invece le grida di parenti e amici seguivano i novelli sposi fin sotto casa, sollecitando il lancio dei preziosi confetti: “Se dinae i no ghe n’àn, i gh’àn e pruxe de Giacan” (Se non han denaro, hanno le pulci di Giacan) e ancora “Ei risseu èi risseu, patelle e faxeu…” (Ricci, patelle e fagioli). “L’umilissimo Giacan, autentico povero-altero, campava con meno dell’indispensabile, frutto di lavorucoli per pescatori e fruttivendoli. Libero come l’aria, non sopportava di possedere e se la sera gli rimaneva qualche monetina, la gettava per addormentarsi “senza pensieri”. Fu anche lui un modello dello scultore Francesco Messina, che ha risieduto e lavorato dalle nostre parti.
“Dèime a parte di morti” (Datemi la parte dei morti), indica una consuetudine antichissima: “Il 2 novembre gli abituali avventori chiedevano all’oste un piatto di fave cotte. I bacilli offerti in memoria dell’ospitalità sacra, venivano consumati in loco con lo stoccafisso. Con il secondo conflitto mondiale l’usanza si è ridotta fino a scomparire; l’osteria di Capocotta in vico Macelli fu probabilmente una delle ultime a seguire la tradizione.”
“Fa’ a gïa di ladri” (Fare il giro dei ladri). Ci si riferisce alla stradina che correva lungo le antiche mura della cittadella di Sestri Levante (sull’Isola), dove fino all’ultima guerra c’era il carcere, venduto a inizio anni ’80 e trasformato in una villetta, ancora adesso circondata da un alto muro di cemento.
Chi vi scrive è stato in quel carcere, per fortuna non per i suoi peccati, ma perché ne aveva chiesto e ottenuto l’utilizzo per andarci a suonare. Altri tempi: eravamo andati con altri ragazzi da un assessore o direttamente dal sindaco, non ricordo. Lui ci aveva squadrati, dicendo “Va bene” e ci aveva dato le chiavi. Il tutto era stato siglato senza firme su fogli scritti, senza la presenza di notai o genitori, ma più semplicemente con una stretta di mano. Altri tempi… Dio protegga i bambini e permetta che vengano loro trasmessi l’esperienza e il sapere accumulati nei millenni.
I commenti dei lettori
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