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edizione cartacea
10 Aprile 2024 | in categoria/e edizione cartacea
PORTOFINO A FUOCO - Ogni 23 aprile il falò di San Giorgio segna le sorti della stagione
- di Michela De Rosa
La leggenda della lotta tra il Bene e il Male
Si narra che in una città chiamata Silena, in Libia, vi fosse un drago che uccideva con il fiato infuocato tutte le persone che incontrava. Per placarlo, gli abitanti gli offrivano due pecore al giorno ma, quando cominciarono a scarseggiare, furono costretti a offrirgli una pecora e un giovane tirato a sorte. Un giorno fu estratta la giovane figlia del re che offrì metà del regno per salvarle la vita; ma la popolazione si ribellò, avendo visto morire tanti suoi figli. Il re alla fine dovette cedere e la giovane si avviò verso il lago per essere offerta al drago. In quel momento passò un giovane cavaliere che, saputo dell’imminente sacrificio, promise alla principessa che l’avrebbe aiutata nel nome di Cristo.
Giorgio salì a cavallo e protettosi con la croce e raccomandandosi al Signore, con grande audacia affrontò il drago, ferendolo gravemente con la lancia e lo gettò a terra. Gli abitanti gli offrirono onori e denari, ma lui chiese solo che si convertissero ricevendo il battesimo. Così fecero e il cavaliere uccise il drago e lo fece portare fuori dalla città, trascinato da quattro paia di buoi.
Scattata da Emanuele Mussini, cattura le fiamme nell’attimo perfetto in cui il fuoco sembra ricreare la lotta tra il Bene e il Male, rappresentata in diverse tradizioni tra cui quella appunto di San Giorgio.
In realtà di san Giorgio non abbiamo notizie storiche e l’unico dato certo è il suo martirio, che avvenne agli inizi del IV secolo in Palestina: sul luogo della sua sepoltura, a Lidda, sorse una basilica che fu meta di pellegrinaggi. Già Jacopo da Varagine, il frate domenicano che nel 200 d. C. raccolse i vari racconti nella sua monumentale Legenda aurea e che ampio spazio dedica proprio a questa vicenda, avvertiva i lettori che la mirabolante avventura del cavaliere non era da considerare in senso letterale, ma simbolico, della lotta del bene contro il Male.
Vari Ordini cavallereschi portano il suo nome e i suoi simboli: il più antico è l’Ordine Cavalleresco del Santo Sepolcro, istituito nel 1103 per la difesa del Sepolcro di Cristo, mentre il più famoso è l’ORDINE DEI TEMPLARI, fondato dall’aristocratico Hugo di Payns nel 1118 su richiesta di San Bernardo di Chiaravalle al termine della prima Crociata. Il primo nucleo era composto da 11 monaci guerrieri col compito di scortare i pellegrini che viaggiavano lungo le strade sante fra Jaffa e Gerusalemme. In Italia il culto per il Santo è diffuso e le città e i comuni di cui è patrono sono più di cento; ventuno comuni portano il suo simbolo, tra cui appunto Portofino.
È la festa più importante per gli abitanti. Nella tradizione popolare il fuoco è uno strumento di purificazione. Il calore delle fiamme tiene lontano l’inverno e tutto ciò che simboleggia: il gelo, lisolamento, la morte. L’aspetto più spettacolare è l’accensione del falò in piazzetta allo scoccare delle 21.00 al campanile della chiesa. Al centro del falò svetta la “penolla”, un tronco appositamente tagliato che segna le sorti della stagione: se durante il fuoco cade verso il mare, gli auspici saranno positivi.
LA PENOLLA
I portofinesi salgono sul monte per cercare l’albero giusto: deve essere dritto per reggere l’intero falò e avere una bella piuma (le foglie in cima).
LA PROCESSIONE
I festeggiamenti continuano la domenica successiva con la solenne processione, in cui i portofinesi si riuniscono per riflettere sulle loro radici
La chiesa con la reliquia di San Giorgio
É un piccolo tempio costruito sulla suggestiva scogliera del promontorio che scende a picco sul mare. Fu bombardato quattro volte e venne ricostruito ogni volta. Dedicato a San Giorgio Martire, la sua prima costruzione risale al 1154.
All’interno è custodita una reliquia di San Giorgio Martire, patrono di Portofino, riportata in patria dai marinai portofinesi che parteciparono alle Crociate: si trova in un sacrario scavato nella puddinga (la roccia che compone il promontorio) situato proprio sotto l’altare. Il culto del Santo è fortemente sentito dagli abitanti del luogo: ogni marinaio, oggi come in passato, prima di allontanarsi da Portofino rivolge uno sguardo ed una preghiera al Santuario.
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