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10 Novembre 2023
IL CASO - A Chiavari va in scena il Festival del bavaglio sulla parola
Per un commento parte la denuncia dell’amministrazione: chiude il gruppo Mugugni di Chiavari
di Giansandro Rosasco
Da editore libero di Corfole il Corriere del Levante, testata indipendente e senza finanziamenti pubblici che si rivolge a decine di migliaia di lettori in tutto il comprensorio, posso scrivere che abbiamo sempre permesso ai nostri giornalisti e collaboratori di esprimersi liberamente, senza distinzioni di preferenze politiche. Non posso quindi che essere rattristato dalle vicende del gruppo Facebook “Mugugni del Comune di Chiavari”, sospeso a seguito delle denunce dell’amministrazione chiavarese per un commento offensivo rivolto a un esponente della giunta comunale. Seguivo questo gruppo come ne seguo altri del Tigullio, tuttavia Chiavari per me ha un posto particolare nel cuore: è dove da ragazzo percorrevo Viale Millo per frequentare l’Istituto Tecnico Commerciale e dove d’estate mi godevo il sole e le spiagge. E’ quindi sempre stata la mia “seconda casa” e anche per questo l’idea che venga chiuso un gruppo che ne parla(va), mi spinge ad occuparmene.
Tutto a causa di un commento inopportuno
Il gruppo, dicevo, era uno spazio di libertà, peraltro sempre moderato da persone sensibili ad accettare tutti gli argomenti e ad eliminare sul nascere i post con quelle inutili offese che servono solo come sfogatoio personale o attacco politico, ma che non danno alcun contributo al confronto. Ci sono però i commenti, e su questo i moderatori non possono fare molto. La piattaforma di Facebook, una volta approvato un post, permette a tutti di esprimersi senza possibilità preventiva di censura. Spesso la rimozione da parte degli amministratori delle opinioni contenenti offese avviene appena ci si accorge del fattaccio; ma centinaia, migliaia di commenti al giorno sono spesso impossibili da controllare.
Certamente è vero che una persona non può essere calpestata od offesa, quindi una ragione l’Amministrazione chiavarese ce l’ha ed è giusto che si persegua chi ha offeso la singola persona, ma non il contenitore delle informazioni che è del tutto privo di responsabilità così come i suoi amministratori o collaboratori. E’ una follia.
Va ricordato che queste persone dedicano il loro tempo senza alcun guadagno e il loro mestiere non è quello di essere editori, direttori responsabili o giornalisti. Sono dei cittadini comuni che in maniera del tutto gratuita e volontaria hanno creato e gestiscono un luogo in cui è possibile confrontarsi sui temi della città con eventi, curiosità, fatti di cronaca, ricordi, segnalazioni entusiastiche e critiche.
Andrebbero quindi premiati perché permettono di evidenziare le magagne senza intasare “gli uffici preposti” e se la politica fosse furba al posto di offendersi potrebbe cogliere gli spunti per migliorare la propria azione e rafforzare il proprio lavoro anche, perché no, in vista delle elezioni future. Non a caso, un grande stratega come Napoleone disse saggiamente: “Non leggo mai i giornali al mattino perché stampano solo quello che voglio io”. In effetti, cosa c’è di più inutile e noioso di una stampa (o altro media) ossequiosa?
Ci siamo abituati alla censura?
Credo che occorra da parte della gente e del giornalismo una presa di posizione a tutela della libera informazione che oggi passa anche dai social. Far tacere delle voci è quanto di più inopportuno si possa fare. Aggiungo una considerazione: i social sono un volano delle nostre idee e io stesso ho creato gruppi e pagine per i diversi interessi che ho: territoriali, ricreativi, sociali. Sono stato fatto oggetto di denuncia penale non solo per le notizie su Corfole, ma anche per quelle pubblicate on line. Ne sono sempre uscito vincitore e pulito ma ho comunque dovuto pagare un avvocato perché nell’ambito del diritto penale la possibilità difendersi è preclusa ai cittadini. Qui si apre un altro capitolo, a livello nazionale. Intanto per un’offesa, per quanto sgarbata possa essere, è giusto che venga punita: una sanzione sarebbe più che sufficiente senza dover ricorrere ad avvocati. Inoltre, depenalizzare quello che alla fine è un reato di parola, permetterebbe di liberare giudici e soldi pubblici per cause ben più meritevoli. Se ne parla da tanto tempo e ora con l’avvento dei social e il moltiplicarsi della possibilità di espressione pubblica, sarebbe ora che la politica nazionale si svegliasse, mettendo mano a questa stortura che ha ancora chiare reminescenze del Codice Rocco il quale ha sempre dato ampiamente prova di involuzioni in senso autoritario.
Un gruppo sostitutivo, in attesa delle conclusioni
Tornando al livello locale, ho deciso di appoggiare le azioni del Gruppo dei Mugugni di Chiavari (premetto che non conosco personalmente nessuno dei gestori) affiancandone uno nuovo: “Mugugni di Chiavari 2.0”. Sarà totalmente libero, senza approvazione dei post: ognuno potrà pubblicare quello che vuole. E ne sarà responsabile direttamente. Perché quando si offende, si critica malamente, si usano parole e toni inappropriati, la realtà e che si dice poco sull’oggetto o sulla persona in questione, ma si dice molto di sé. Quindi sta ad ognuno di noi prendersi la responsabilità del proprio agire. Chi condivide questa idea può aderire e pubblicare in maniera responsabile, chi invece non è d’accordo o vuole darmi un feedback, può scrivermi a info@corfole.com. Questo gruppo affiancherà solo momentaneamente quello che è stato messo in pausa, poi sarà dato in gestione o accorpato. O eliminato se non servirà più. Nella massima libertà per coloro che hanno gestito il Gruppo dei Mugugni e che ora sono in una fase legale delicata e dalla quale si spera escano presto. Per concludere: la chiusura del gruppo non è stata voluta dall’amministrazione ma è comunque una diretta conseguenza della denuncia in quanto è normale che chi gestisce una pagina facebook in forma gratuita si spaventi ed è quindi lecito pensare da parte dei cittadini che si tenti di zittire una fonte di critiche. Si spera quindi che l’amministrazione chiavarese ponga rimedio e ne daremo spazio. Perché nel Comune dove è stato creato il Festival della Parola, un bavaglio alla libertà di espressione non può proprio esistere.
I commenti dei lettori
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