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    di Simone Parma | 07 Giugno 2019 | in categoria/e edizione cartacea travel

    #CorfoleTravel - Alle isole Fær Øer, dove ci sono più pecore che abitanti, si fa la spesa in elicottero e i laghi “volano” sopra l'Oceano

    #CorfoleTravel - Alle isole Fær Øer, dove ci sono più pecore che abitanti, si fa la spesa in elicottero e i laghi “volano” sopra l'Oceano

    Troppi turisti. Quando abiti in un minuscolo arcipelago di diciotto isolotti sperduti in mezzo all’Oceano Atlantico, insieme a sole altre cinquantamila persone (e ottantamila pecore), accogliere 160.000 turisti all’anno può diventare un’impresa troppo ardua. Soprattutto se, tra questi, ci sono i soliti incivili, egoisti e noncuranti turisti mordi e fuggi. E così può succedere che un intero arcipelago “chiuda” per riparare ai danni dei visitatori maleducati.



    Sono isole danesi ma si sentono una nazione a sé
    Innanzi tutto vi starete chiedendo dove si trovano queste Fær Øer (si pronuncia Far Oer). La cosa sorprendente è che sono un luogo incredibilmente bello e suggestivo, dimenticato per anni dal turismo di massa, che in questi ultimi tempi però sembra essersi ricordato che sì, effettivamente tra Scozia, Islanda e Norvegia esiste un piccolo arcipelago dove la natura selvaggia regna ancora sovrana.
    Formalmente facenti parte del Regno di Danimarca, le isole Fær Øer posseggono una larga autonomia nella maggior parte dei settori della politica e dell’amministrazione dell’arcipelago, con esclusione della Difesa e di poche altre competenze in mano al governo centrale danese. Hanno un loro primo ministro, un parlamento, una bandiera, un giorno di festa nazionale e tutto quello che una Nazione con la N maiuscola deve possedere. Ma la capitale, Tórshavn, conta circa dodicimila abitanti. Esattamente come la nostra Lavagna.



    Cosa mai ci sarà da vedere in un posto dove le pecore sono il doppio degli abitanti?
    Per gli amanti della natura, delle passeggiate e dei paesaggi nordici le Fær Øer sono un vero e proprio paradiso. Quando deciderete di visitarle preparatevi a temporali improvvisi (foto), vento forte e neve anche in primavera (in pratica come questo strano maggio da noi), ma soprattutto preparatevi ad incontrare una popolazione tanto cordiale con i visitatori educati, quanto poco amichevole con i turisti ficcanaso. Negli ultimi anni infatti villaggi che contano non più di dieci abitanti sono stati letteralmente invasi da centinaia di migliaia di visitatori l’anno e qui sono iniziati a nascere i primi problemi. Problemi di convivenza e problemi di difesa e tutela della natura.



    La spesa? Si fa il mercoledì, con l’elicottero!
    Pensavate che fossimo solo noi liguri a considerare i turisti come un intralcio alla vita quotidiana? Beh, dovete ricredervi.
    Premesso che i faroesi sono una popolazione meravigliosa, accogliente e sorridente (non proprio tipico per una nazione del Nord), ci sono problemi logisitici che non facilitano la convivenza tra locali e turisti. In primis i trasporti. Le Fær Øer sono uno dei pochi luoghi al mondo dove prendere l’elicottero per spostarsi da un’isola all’altra costa all’incirca come andare in Taxi da Genova Principe all’Aeroporto. Il motivo è che i collegamenti fra le isole spesso sono difficoltosi via mare e l’elicottero permette agli abitanti delle isole minori di recarsi a fare acquisti (si, i negozi non sono su tutte le isole!) o commissioni sulle isole principali. Ma il basso costo del servizio garantito dalle sovvenzioni statali spinge molti visitatori ad approfittarne per fare giri turistici in elicottero, che per i locali è un fondamentale mezzo di sopravvivenza. E i faroesi non sono molto contenti di non trovare posto sull’elicottero del mercoledì quando devono andare a fare la spesa.
    Oltre ai trasporti però un problema ben più grave affligge il bellissimo arcipelago.



    “Chiuso per manutenzione”
    Occorre fare una precisazione: alle Fær Øer ogni sentiero, pascolo o comunque qualsiasi zona calpestabile è proprietà privata. E non potete attraversarla, se non dietro generosa concessione del proprietario. Non esistendo il concetto di “demaniale” non c’è nemmeno molta tolleranza verso quei turisti che indiscriminatamente attraversano pascoli e prati, rovinandoli irrimediabilmente.

    Per fare un esempio, la zona del famoso Sorvagsvatn, un lago a picco sul mare che crea un incredibile gioco di prospettive (da vedere almeno una volta nella vita!) ha visto il piccolo sentiero che portava alla scogliera letteralmente disfarsi sotto il calpestio delle centinaia di visitatori che ogni giorno lo percorrono.


    Stessa cosa avvenuta all’isola di Mykines, famosa per essere la patria estiva dei pulcinella di mare che tanto piacciono a noi turisti.

    Succede allora che uno degli allevatori del minuscolo (ma incredibilmente suggestivo) villaggio di Saksun, tale Jóhan, sia diventato un vero e proprio spauracchio per chi si azzarda a calpestare i suoi terreni. L’ho visto anche io avvicinarsi minaccioso col suo pick-up rosso e guardarmi come a dire: “prova a mettere piede nel mio pascolo per fare la tua stupida foto da turista e te ne pentirai!”.

    Ora, non posso assicurarvi che abbia pensato quello, ma posso garantirvi che un viaggio (perchè non si tratta di una vacanza) alle Fær Øer vi restituirà la giusta dimensione del “guardare ma non toccare” che dovrebbe appartenere a tutti i turisti.
    Sfruttando la crescente popolarità della destinazione, l’Ufficio del Turismo locale ha così deciso di indire un concorso per 100 aspiranti volontari che volessero sistemare le zone più visitate delle isole, limitando l’accesso di alcune attrazioni per tre giorni (dal 26 al 28 aprile). L’hanno chiamata, molto intelligentemente dal punto di vista del marketing turistico, “chiusura per manutenzione”. Ovviamente non è stato chiuso tutto l’arcipelago che, per quanto solitario ha le proprie industrie e la propria vita. Sono stati invece riparati alcuni sentieri e creati nuovi percorsi per evitare che i visitatori vagassero senza meta distruggendo pascoli e natura.



    Cosa ho imparato alle Fær øer
    Ci sarebbe molto da dire su questo arcipelago, ma ciò che più mi ha insegnato nei sette giorni in cui l’ho visitato è sicuramente la necessità di un ritorno ad una dimensione più lenta del turismo, rispettosa della natura e anche dell’allevatore Jóhan di Saksun.


     


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