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    cultura, edizione cartacea, storia locale

    di Simone Parma | 05 Ottobre 2017 | in categoria/e cultura edizione cartacea storia locale

    Dario Fo: le polemiche a Sestri, le bravate a Cavi e l'importanza del mese d'ottobre

    Dario Fo: le polemiche a Sestri, le bravate a Cavi e l'importanza del mese d'ottobre

    Lo stretto rapporto del giullare” d’Italia con il Levante, che balzò così agli onori delle cronache

    In questo mese ricorrono il debutto del “Mistero buffo”, il Nobel per la Letteratura e la sua scomparsa

    E’ la sera del 1 Ottobre 1969, sembra un normale martedì e invece al Teatro Ariston di Sestri Levante si sta scrivendo una pagina di storia della nostra cultura. Sul palco c’è un giovane attore, il suo nome è Dario Fo e sta debuttando con la prima assoluta dello spettacolo “Mistero Buffo”, una delle rappresentazioni che rese celebre l’attore non solo in Italia ma in tutto il mondo e che lo portò verso il Premio Nobel per la Letteratura assegnatogli nel 1997. L’anno prima con Franca Rame aveva fondato il gruppo teatrale Nuova Scena, che rappresentò i propri spettacoli in tutte le sale ARCI, Associazione Ricreativa Culturale Italiana, controllata dall’allora Partito Comunista Italiano.

    Il Teatro di Sestri rientrava fra quelle e oltre al Mistero Buffo la compagnia di Fo mise in scena lo spettacolo “Legami pure che tanto io spacco tutto lo stesso”. Entrambi gli spettacoli rappresentati a Sestri Levante erano ricchi di critiche, nemmeno troppo velate, al Partito Comunista e di esortazioni ai lavoratori nel prendere coscienza della loro situazione e fare qualcosa per risvegliare il partito. Il tutto affrontato però con l’ironia pungente, quasi dissacrante, nel tipico stile di Fo.
     
    Proprio questa ironia su Partito e sui lavoratori stessi, scatenò le contestazioni dei presenti (in maggioranza operai di sinistra) che si sentirono probabilmente offesi da quella che loro interpretarono come presunzione dell’attore e della sua compagnia. I “mugugni” furono così forti da portare Franca Rame alle lacrime, proprio sul palco dell’Ariston. Era l’inizio del “caso Dario Fo” che portò i dirigenti genovesi del Partito addirittura a censurare le recensioni dello spettacolo su L’Unità.
     
    Si creò così una frattura fra chi era a favore di quella comicità “caustica” e chi contrario. La storia di quell’evento e delle lacrime di Franca Rame fu raccontata dall’allora trentatreenne Corrado Augias che su L’Espresso, nell’articolo “Ma il Partito non si diverte” approfondì la vicenda e oltre ai dirigenti genovesi dell’epoca intervistò anche il chiavarese Cesare Risso, militante del partito. Il “caso Dario Fo” mise così il Levante al centro dell’attenzione della sinistra di quegli anni, ma allontanò per sempre l’attore dalle nostre sale teatrali.

    Il 9 ottobre del 1997 Dario Fo riceve dalle mani del re Gustavo di Svezia il Premio Nobel per la letteratura:
    “Perché, seguendo la tradizione dei giullari medioevali, dileggia il potere restituendo la dignità agli oppressi.”

    ll ringraziamento a Franca Rame: “Senza di lei per una vita al mio fianco non ce l’avrei mai fatta a meritare questo premio.”

    Il discorso... buffo al ritiro del Nobel: “(...) Ecco, io sono abituato a realizzare dei discorsi con le immagini (...) ogni tanto vi mostrerò dove siamo, così non perderete il filo (...). C’è il problema delle risate: quelli che capiscono l’italiano rideranno subito, poi quelli che debbono aspettare la traduzione e gli altri che non sanno se ridere alla prima battuta o alla seconda. Ad ogni modo cominciamo. (...)”

    GLI ANNI '40 E LE FESTE SUL MARE

    Scavando nei ricordi si scopre che le sue apparizioni nella nostra zona risalgono addirittura alla fine degli anni Quaranta. La guerra era appena finita e dopo il periodo buio arrivò quello delle feste. A Cavi era appena stato inaugurato un ostello della gioventù (in quello che ora è noto come Castello Frugone). Emilio Tadini, futuro pittore e saggista di fama, ne era un frequentatore e per le vacanze di Natale fu accompagnato da un giovanissimo Dario Fo. Tra i tanti partecipanti alle feste c’era anche Giorgio Banfi e la sua futura moglie, il cui ricordo ci viene raccontato dal figlio Stefano (in foto): “Fo aveva rappresentato ai presenti nell’ostello la storia della fabbrica che trasformava “ la cacca” in burro bianchissimo... una delle tipiche storie che solo lui sapeva raccontare facendo sganasciare tutti dalle risate. Ma faceva anche delle cose assurde, come sdraiarsi sull’Aurelia insieme ad altri ragazzi dell’ostello ad aspettare l’arrivo dell’auto per vedere chi si alzava per ultimo”. Storie di gioventù, che l’attore non dimenticò: “circa due anni fa - Continua Stefano Banfi - durante una sua apparizione pubblica andai a salutarlo e lui  riconobbe mia mamma dopo tanti anni!”.

    Un personaggio che unì e divise sotto il segno della sua ironia e capacità di muovere le coscienze, ma che sicuramente lasciò un segno indelebile, anche dalle nostre parti.

    Tratto da CORFOLE! del 10/2017, con 25.000 copie gratuite: la testata più diffusa del Levante © Riproduzione vietata


     


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