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    attualità

    03 Maggio 2011 | in categoria/e attualita

    In ricordo di Vittorio III Arata, detto Banni - Un uomo granitico, anzi di pietra, anzi tenero

    In ricordo di Vittorio III Arata, detto Banni - Un uomo granitico, anzi di pietra, anzi tenero'Banni' con una delle nipotine

    Vittorio III Arata è nato il 20 ottobre del 1933 a Cicagna ed è mancato il 18 maggio 2010 spiazzando un po’ tutti, perché nonostante la malattia che da tempo lo debilitava aveva quella tempra da ‘uomo tutto d’un pezzo’ che lo faceva sembrare... granitico. E l’associazione della sua figura a una pietra non potrebbe che renderlo felice perché è vero che quella degli Arata è una storica famiglia di ardesiaci, ma la sua passione per le pietre andava ben oltre il lavoro. ‘Ne conosceva ogni minima caratteristica’, racconta la figlia Federica, oggi al timone dell’azienda insieme alla madre Maria Teresa, facendosi portavoce anche della sorella Annamaria che vive in Svizzera.  Ed ecco la prima curiosità: oltre ad essere i precursori nel settore dell’oro nero della Fontanabuona gli Arata avevano una delle tante piccole centrali elettriche che allora davano energia al territorio e che fu loro confiscata negli anni ‘60 per realizzare il servizio nazionale: ‘Mio padre era quindi abituato ad avere la corrente gratuita e così mia madre passò gli anni ad andargli dietro di stanza in stanza per spegnere le luci che lui puntualmente lasciava accese.’
    Ma la personalità di questo uomo si racchiude nei suoi nomi: tanto è ridondante quello ufficiale, Vittorio III Arata, tanto è semplice quello con cui tutti lo conoscevano, ‘Banni’. Una duplicità che si manifestava nella vita come nel lavoro. Per lui niente completo ingessato tipico dei capitani di azienda ma abiti da lavoro; le mani non erano quelle curate dei manager, ma sempre impolverate come quelle dei suoi operai. Perché l’azienda la dirigeva partendo dalla cava e seguendo la ‘sua’ ardesia in ogni passaggio. Mani sporche sì, ma mente lucida. Da vero condottiero. E non sorprende quindi che chiedendo a Federica quale fosse la caratteristica principale di suo padre la risposta sia ‘l’inesauribile curiosità’.  Curiosità e manualità, un’accoppiata che ha decretato il suo successo: ‘Aveva la passione per l’invenzione e i macchinari, andava a tutte le fiere meccaniche e prendeva più manuali  possibili per poi studiarseli. Con i fratelli Bisso e altri amici si divertiva a immaginare nuove macchine e poi realizzarle.’
    Nel settore ardesiaco è stato infatti un precursore inventando nuovi macchinari e modi di lavorare. Voleva sempre l’avanguardia: alla Euroslate per prima sono arrivati il controllo numerico, le fotocellule e i primi robot antropomorfi (ossia i robot che ricalcano sembianze e lavori umani). E seppur costruita negli anni ‘60, la fabbrica stessa è una struttura all’avanguardia: oltre ad avere tutti gli impianti sotto al pavimento in modo da non avere cavi e tubi ad intralciare pericolosamente i passaggi, ha una capriata unica che permette di non avere neanche un pilastro e poter così utilizzare il carro ponte per tutta la lunghezza della fabbrica. Un vantaggio impressionante per un’azienda che mobilita lastre di pietra di tonnellate. Però la merce si deve anche caricare e scaricare agevolmente e per questo per Banni ‘una fabbrica senza porte non vale niente’. Poi tante finestre, per lavorare con la luce naturale. Instancabile fisicamente e mentalmente, in azienda era onnipresente: arrivava per primo e se ne andava per ultimo e aveva un metodo molto particolare per iniziare la giornata: ‘guardava in faccia gli operai e se qualcuno aveva sonno lo spediva a casa a dormire perché era consapevole della pericolosità del lavoro, e che non si può affrontarlo da addormentati. Sulla sicurezza era intransigente.’
    E dopo una giornata di lavoro, tornava a casa e si metteva a leggere, se non a studiare: a 40 anni ha voluto imparare l’inglese per parlare col mondo e a 70 il portoghese per gestire i contatti in Brasile. Una mentalità proiettata verso il mondo e il futuro: ‘Ci ha fatto studiare all’estero e voleva che ci trasferissimo in America perché vedeva molte opportunità. E poi, per chi come lui ha dovuto strappare qualche metro di piano a una terra montuosa, vedere tutta quella pianura era spiazzante. Ricordo una volta a Pisa, si guardò intorno e disse ‘ma guarda quanta pianura per costruire hanno qui!’. Era il suo cruccio. Il mio ricordo è cristallizzato nel suo amore per la conoscenza e la sua condivisione. Leggeva la stampa estera perché diceva che non si può vivere senza sapere cosa accade nel mondo. Ci raccontava tutto quello che sapeva e tutto quello che gli passava per la testa. Con lui ho passato la vita a formarmi’.  Il suo unico vezzo erano le auto, ‘ogni anno il pellegrinaggio al Salone di Ginevra. E quando sono uscite le ibride (motori carburante ed elettrico) ci ha obbligati a passare a quelle’.
    E come spesso accade con gli uomini del suo genere, riservava alla famiglia il suo lato più intimo: ‘A dispetto dell’apparenza era un uomo tenero. Amava la natura, era pieno di attenzioni, si commuoveva e giocava per ore con le nipotine Giulia e Virginia Maria, facendosi quasi comandare da loro’
    Durante questa lunga chiacchierata Federica ha spesso ricordato che suo padre ‘non aveva un bel carattere’. In effetti nelle occasioni in cui l’ho incontrato mi ha dato l’immagine di una persona quantomeno difficile. Così questo ritratto intimo è ancora più sorprendente. E me lo immagino a disquisire con San Pietro sul numero delle chiavi, che si sa, un Paradiso senza porte non vale niente...
    Michela De Rosa
    Commenta e inoltra


    Tratto da CORFOLE! del 5/2011, con 25.000 copie gratuite: la testata più diffusa del Levante © Riproduzione vietata


     


    I commenti dei lettori
    SERGIO MARIA REDAELLI:

    PIU' CHE UN COMMENTO, QUALCHE AFFETTUOSO, NOSTALGICO RICORDO.
    ERAVAMO NON SOLAMENTE COMPAGNI DI SCUOLA MA ADDIRITTURA COMPAGNI DI BANCO...!!! BONARIE GOMITATE E CALCI NEGLI STINCHI. - AI COMPITI IN CLASSE ARRIVAVA SEMPRE SENZA I FOGLI E IO A PRESTAGLIELI... MAI RESI! MA ALTRETTANTO SE AVEVI BISOGNO NON SI TIRAVA INDIETRO. ANDAVAMO, AVEDERE PASSARE IL GIRO D'ITALIA SULLA COLLINA DELLE GRAZIE. IO BARTALIANO, LUI COPPISTA. UN GIORNO IN OCCASIONE DEL PASSAGGIO DEL GIRO, SCHERZANDO, AVEVO DETTO CHE AL PASSAGGIO DI COPPI GLI AVREI TIRATO UNA CIAPPA NEI RAGGI DELLA BICICLETTA, SI ERA INCAZZATO COME UN MATTO TANTO E' VERO CHE HO PREFERITO...SPARIRE! (ALMENO PER TUTTO QUEL GIORNO) - COMPAGNO DI BANCO A SCUOLA FIGURIAMOCI, CI SAREBBE DA SCRIVERE UN ROMANZO. MI HA FATTO TANTO PIACERE RICORDARLO, ANCHE SE DAI TEMPI DELLO STUDIO, NON CI SIAMO PIU' VISTI NE FREQUENTATI, ALL'INFUORI DI QUALCHE SPORANEO BREVE INCONTRO. COME E' PASSATO IL TEMPO...!!!


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