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storia locale
di Maura Bregante | 08 Settembre 2011 | in categoria/e cultura storia locale
Santi e patroni: riscopriamoli attraverso le chiese e le feste del territorio
Da sempre il culto cristiano dei santi locali è spesso motivo di grandi festeggiamenti; in estate poi, oltre alla tradizionale processione, si organizzano sagre e feste all’aperto. I santi in epoca antica venivano guardati con sospetto, talvolta erano considerati come ribelli del Cristianesimo; la Chiesa stessa fece fatica ad accettarne il culto. L’Agiografia è la disciplina che studia gli atti dei santi e dei martiri, le antiche testimonianze, le biografie scritte dopo le persecuzioni dei cristiani.
Il 17 e 18 Settembre a Rapallo e Neirone si festeggia San Maurizio Martire.
Maurizio fu un generale dell’impero romano a capo della legione egizio-romana che nel 300 D.C. operò a Colonia e a nord delle Alpi. Egli fu martirizzato alla decima persecuzione di Diocleziano. Quando Massimiano ordinò all’esercito di perseguitare alcune popolazioni dell’odierno Cantone Vallese convertitesi al Cristianesimo, Maurizio rifiutò e per questo, insieme ad altri soldati, venne massacrato. San Maurizio è il patrono degli Alpini, è raffigurato a volte con carnagione scura e con una pesante armatura. La chiesa di San Maurizio è situata nel capoluogo di Neirone. Edificata nel XVII secolo, ospita all’interno diverse ancone del XVIII secolo e statue in legno; tra le varie sculture vi è la statua ritraente la Madonna del Rosario ad opera di Giovanni Maragliano, nipote del celebre Anton Maria Maragliano. È inoltre presente un affresco che rappresenta la vallata della Fontanabuona, dominata dall’antico castello feudale.
Il 29 Settembre molti sono i festeggiamenti dedicati a San Michele, tra cui la fiera di Casarza, il palio a San Michele di Pagana quella nella bella chiesa a lui dedicata a Soglio di Orero.
Nel Nuovo Testamento il termine “arcangelo” è attribuito a Michele, solo in seguito venne esteso a Gabriele e Raffaele. Antico patrono della Sinagoga oggi è patrono della Chiesa Universale, che lo ha considerato sempre di aiuto nella lotta contro le forze del male. Per la sua caratteristica di “guerriero celeste” è patrono degli spadaccini, dei maestri d’armi e della Polizia. La tradizione gli attribuisce anche il compito della pesatura delle anime dopo la morte, per questo, in alcune sue rappresentazioni iconografiche, oltre alla spada, porta in mano una bilancia ed è patrono dei doratori, dei commercianti, di tutti i mestieri che usano la bilancia, i farmacisti, pasticcieri, droghieri, merciai, fabbricanti di tinozze. Inoltre era considerato come medico celeste delle infermità degli uomini ed è quindi patrono anche dei radiologi.
Il nome dell’arcangelo Michele, che significa “chi è come Dio?”, è citato cinque volte nella Sacra Scrittura; tre volte nel libro di Daniele, una volta nel libro di Giuda e nell’Apocalisse di s. Giovanni Evangelista. Dopo l’affermazione del cristianesimo, il culto per san Michele, che già nel mondo pagano equivaleva ad una divinità, ebbe in Oriente una diffusione enorme, ne sono testimonianza le innumerevoli chiese, santuari, monasteri a lui dedicati. Perfino il grande fiume Nilo fu posto sotto la sua protezione e la chiesa funeraria del Cremlino a Mosca in Russia, è dedicata a S. Michele.
Il più celebre santuario italiano a lui dedicato è quello sul Monte Gargano (Foggia). La sua storia inizia nel 490, quando un certo Elvio Emanuele aveva smarrito il più bel toro della sua mandria, ritrovandolo dentro una caverna inaccessibile. Vista l’impossibilità di recuperarlo, decise di ucciderlo, ma la freccia inspiegabilmente invece di colpire il toro, girò su sé stessa colpendo il tiratore ad un occhio. Meravigliato e ferito, il signorotto si recò dal suo vescovo e raccontò il fatto prodigioso. Il presule indisse tre giorni di preghiere e di penitenza; dopodiché s. Michele apparve all’ingresso della grotta e rivelò al vescovo: “Io sono l’arcangelo Michele e sto sempre alla presenza di Dio. La caverna è a me sacra, è una mia scelta, io stesso ne sono vigile custode. Là dove si spalanca la roccia, possono essere perdonati i peccati degli uomini…Quel che sarà chiesto nella preghiera, sarà esaudito. Quindi dedica la grotta al culto cristiano”. Ma il vescovo non diede seguito alla richiesta dell’arcangelo perché sul monte persisteva il culto pagano. Due anni dopo Siponto era assediata dalle orde del re barbaro Odoacre; ormai allo stremo il vescovo e il popolo si riunirono in preghiera e qui riapparve l’arcangelo promettendo loro la vittoria. Durante la battaglia si alzò una tempesta di sabbia e grandine che si rovesciò sui barbari invasori, che spaventati fuggirono.Tutta la città salì sul monte in processione di ringraziamento, ma ancora una volta il vescovo non volle entrare nella grotta. Per questa sua esitazione che non si spiegava s. Lorenzo Maiorano si recò a Roma dal papa Gelasio I il quale gli ordinò di entrare nella grotta insieme ai vescovi della Puglia, dopo un digiuno di penitenza. Recatisi i tre vescovi alla grotta per la dedicazione, riapparve loro per la terza volta l’arcangelo, annunziando che la cerimonia non era più necessaria, perché la consacrazione era già avvenuta con la sua presenza. La leggenda racconta che quando i vescovi entrarono nella grotta trovarono un altare coperto da un panno rosso con sopra una croce di cristallo e impressa su un masso l’impronta di un piede infantile, che la tradizione popolare attribuisce a s. Michele. Il vescovo san Lorenzo fece costruire all’ingresso della grotta una chiesa dedicata a s. Michele e inaugurata il 29 settembre 493. Sul portale dell’atrio superiore vi è un’iscrizione latina che ammonisce: “che questo è un luogo impressionante. Qui è la casa di Dio e la porta del Cielo”. La Sacra Grotta è invece rimasta sempre come un luogo di culto mai consacrato da vescovi e nei secoli divenne celebre con il titolo di “Celeste Basilica”; è una delle mete più frequentate dai pellegrini cristiani, insieme a Gerusalemme, Roma, Loreto e S. Giacomo di Compostella. La chiesa di S. Michele che sorge a Soglio di Orero in Val Fontanabuona è molto antica. Le prime notizie della sua esistenza risalgono agli inizi dell’XI secolo, tuttavia nulla permette di valutare quali siano state le sue caratteristiche originarie. Nel 1626 viene iniziata la compilazione dei primi registri parrocchiali (secondo le direttive del Concilio di Trento), per cui le fonti documentarie aumentano: si sono susseguiti molti interventi, ampliamenti e prolungamenti delle navate che hanno portato la chiesa alle dimensioni attuali agli inizi del XX secolo. Nel 1879 la facciata è stata terminata e impreziosita con tarsie marmoree, grazie al contributo di alcune famiglie emigrate in America.
Tratto da CORFOLE! del 9/2011, con 25.000 copie gratuite: la testata più diffusa del Levante © Riproduzione vietata
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