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ecologia
di Vittorio Rosasco | 01 Giugno 2007 | in categoria/e ecologia edizione cartacea storia locale uscire
RANGHINELLI - Tempo di andar per boschi e riconoscere le vipere (seconda parte): un escursurs tra utile saggezza e divertenti superstizioni
Le dicerie, le superstizioni, i pregiudizi terribili e tenaci, la paura e l'ignoranza manifestata dai popoli a filosofia occidentale, ma soprattutto di origine latina, sulle vipere, giustificano ampiamente i numerosi trattati scritti in proposito. A questo riguardo ricorderò solo alcuni tra i tanti aneddoti legati al nostro folklore popolare, tutt'ora agli onori della cronaca, che risalgono a quando la medicina era nelle mani degli empirici e la zoologia un insieme di favole e assurdità: l'alito della vipera è talmente velenoso che se un cane lo fiuta muore; la vipera caccia le rane perché ne ha bisogno per covare le uova; quando partorisce (alcune persone ancora oggi la ritengono un mammifero) si squarta il ventre sopra una pietra aguzza; quando beve, spande il veleno nell'acqua che perciò rimane avvelenata. Prima di bere l'acqua di un torrente, è buona precauzione, quindi, far galleggiare due fuscelli messi in croce: se rimangono uniti è segno che l'acqua non contiene veleno; la punta della coda della vipera è velenosa; quando mette al mondo i figli, sale sopra un albero in modo da non essere morsicata da essi; l'ultimo figlio della vipera, detto "aspisurdu" è il più velenoso. In alcune regioni è chiamato "sette-passi" perché la persona da lui morsicata morirebbe nello spazio di tempo che impiega a fare 7 passi; in più località italiane, e anche straniere, in periodi fissi e dopo un certo numero di anni, comparirebbe la famosa "vipera iguana, vipera mostro, vipera baffuta, vipera pelosa, vipera gallo" etc.; in verità si tratta molto probabilmente di serpenti sorpresi durante l'ingestione di roditori o in muta. Ora, dopo aver sorriso di queste antiche superstizioni, vediamo cosa occorre sapere per affrontare con sicurezza un eventuale incontro ravvicinato con la vipera. Innanzitutto è molto interessante conoscere l'apparato velenifero delle vipere, uno dei più perfetti tra quelli dei rettili velenosi. La funzione mascellare, organizzatissima, è infatti ampia e rapida (quando la vipera si accinge al morso, spalanca talmente le fauci da formare in angolo di 150° e più fra mandibola e mascella), come rapidissimo è il movimento di proiezione del capo al momento dell'attacco. Il veleno, contenuto nelle ghiandole e spremuto per l'azione compressiva esercitata dalla muscolatura temporale, passa attraverso i canali interni delle zanne e viene iniettato contemporaneamente alla penetrazione delle zanne stesse nelle carni della vittima. Le zanne sono mobili per la capacità dell'osso mascellare di ruotare; i due grossi denti cioè si adagiano all'indietro nello stesso tempo in cui la bocca si chiude. La vipera è capace di riprodurre in un periodo relativamente breve il veleno che le è servito per uccidere la preda o che ha comunque perduto per una morsicatura. Il veleno, che agisce nel breve arco di 10-15 minuti, è costituito dalla combinazione di vari tipi di tossine, le quali, entrando in circolo nel sangue, apportano all'organismo danni anche irreparabili. Le tossine più importanti sono: la coagulino che coagula il sangue nei vasi circolatori e quindi, se ne chiude uno di importanza vitale, può provocare la morte per embolia; l'emorragina, che lede le pareti dei capillari provocando emorragie di varia entità; l'emolisina che distrugge i globuli rossi; la citolisina, che distrugge le cellule specialmente del tessuto epatico e renale; la neurotossina che provoca gravi lesioni del sistema nervoso determinando la paralisi del muscolo cardiaco e dei centri respiratori. Se è vero che le vipere sono velenose, è anche vero che osservando alcune precauzioni è possibile evitare spiacevoli incidenti. Prima di tutto bisogna sapere come comportarsi quando si va in campagna., con quale abbigliamento e soprattutto usare l'arma più semplice ed efficace che mi insegnò ad usare mio padre, cioè un bastone non per colpire, ma per semplicemente per scuotere l'erba davanti a noi; essendo la vipera sorda è molto sensibile alle vibrazioni del terreno e, state tranquilli che sarà lei ad allontanarsi tranquillamente. Quanto all'abbigliamento occorre un paio di scarponcini, un paio di pantaloni lunghi e abbastanza pesanti, un paio di guanti. E guai ad avventarsi precipitosamente a cogliere i funghi senza prima usare il bastone come sopra, specie nei terreni impervi. Tra gli ofidi o serpenti presenti nel territorio nazionale, quelli velenosi appartengono esclusivamente alla famiglia dei viperidi. Le specie di vipere che si ritrovano in Italia sono,in ordine progressivo di diffusione, le seguenti: Vipera aspis (o comune), Vipera berus (o marasso palustre), Vipera ammodytes (o del corno), Vipera ursinii (o dell'Orsini). A seconda delle specie, le vipere vivono in pianura come in collina e in montagna, nei boschi, nelle pietraie, nelle zone umide o paludose, nei prati, lungo le siepi o i muretti che fiancheggiano le strade di campagna. L'aumento che, a causa della migliorata condizione ambientale per la loro sopravvivenza, si ha nella diffusione di questi rettili assai prolifici, determina oggi una certa facilità del loro ritrovamento, con una conseguente maggiore pericolosità per l'uomo che ama vivere all'aria aperta.
La Vipera Aspis è quella maggiormente diffusa in Italia. La si ritrova infatti in ogni regione (tranne la Sardegna). Predilige zone a scarsa vegetazione e pietrose, dove le sia possibile scaldarsi ai raggi del sole, in quanto ha una bassa temperatura corporea. Ha la parte anteriore della testa leggermente rialzata, cioè con l'estremità rivolta in alto e il maschio adulto può raggiungere i 65-75 cm di lunghezza, la femmina anche 75-85 e più cm. La colorazione del corpo è molto variabile (grigio-cenere, grigio-giallastra, bruno scura e rossastra), le macchie del disegno dorsale (fascia scura longitudinale continua o interrotta, a zig-zag) risaltano più o meno sul colore del corpo. L'estremità della coda è in genere giallo-arancio, l'occhio è grigiastro a pupilla verticale, le labbra bianco-giallastre.
La Vipera Berus, di estrema irritabilità e sempre pronta all'aggressione, è molto diffusa nell'Italia settentrionale e soprattutto nelle zone delle Alpi, dove la si può trovare a quote di 3 mila metri, come in zone pianeggianti umide (sponde ei fiumi, risaie, ecc.) Si differenzia dall'aspis in quanto l'estremità della testa, vista di profilo, si presenta arrotondata e sulla parte cefalica del capo sono presenti alcuni scudetti (normalmente 3) di grandezza e forme diverse; inoltre la mole del marasso adulto è nel complesso maggiore di quello dell'aspis; la lunghezza oscilla fra i 60 e gli 80 cm. Il corpo, a squame fortemente carenate, è di colore grigio, bruno-giallastro o rossastro; il dorso è disegnato simmetricamente da una fascia costituita da tondeggianti macchie brune disposte longitudinalmente ed alternate con i vertici dello zig-zag. In genere è più scura dell'aspis; in montagna, anzi, si ritrovano tipi quasi completamente neri.
La Vipera Ammodytes è la più pericolosa in rapporto alla quantità di veleno che può iniettare e alla velocità di azione di questo. Predilige vivere nelle pietraie o zone aride e soleggiate, nei boschi non folti ed ai margina delle radure. E' presente nelle Prealpi ed Alpi venete, fino a 1600 metri. Spesso svolge anche attività notturna. Si riconosce facilmente per la presenza, all'apice anteriore della testa, di un piccolo cornetto conico, molle, rivestito di piccole squame, alto circa 5mm. Questo particolare rende l'ammodytes riconoscibile a prima vista. Altro elemento riconoscitivo è costituito dalle dimensioni alquanto maggiori rispetto alle altre vipere; il soggetto adulto può raggiungere anche 90-100 cm. Nel suo aspetto generale, a parte le dimensioni, non differisce molto dall'aspis, ma la colorazione dorsale (forse la più bella tra quelle delle vipere italiane) è molto più scura ed in maggiore contrasto con il colore di fondo del corpo.
La Vipera Ursinii è quella meno presente in Italia. La si ritrova principalmente, infatti, nelle zone montane dell'Italia centrale (monti Sibillini e versante orientale del Gran Sasso). Nel suo aspetto generale, differisce poco dalla berus, della quale per molto tempo è stata considerata una sottospecie. E' però più corta e i soggetti adulti difficilmente superano i 50 cm. E' riconoscibile dalla berus anche per la testa più piccola e quindi meno distinta dal collo, per avere la narice situata nella parte inferiore della squama nasale e per la presenza di una macchia scura sulla nuca. Ora non vi resta che camminare tranquilli nei nostri bellissimi boschi, tenendo a mente questi semplici consigli e piccole nozioni naturalistiche. Un modo, anche questo, di ritrovare il contatto con la nostra natura.
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