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    attualità

    12 Dicembre 2011 | in categoria/e attualita

    Il Natale genovese: quando a "Denâ" si addobbavano "l'aufoeggiu" o "l'armun"

    Il Natale genovese: quando a

    E’ innegabile la derivazione nordica dell’albero di Natale: le grandi foreste dei paesi settentrionali sono senz’altro l’origine del tradizionale abete che decoriamo per le feste natalizie. Ma a Genova, nel suo entroterra e sulle riviere, già nel XVIII secolo, e quindi ben prima della diffusione dell’abete natalizio, le famiglie usavano preparare per Natale un ramo d’alloro, addobbato con piccoli doni e ornamenti.
    Ci si procurava un grande ramo di alloro, in dialetto aufoeggiu, possibilmente u çimello cioè la cima dell’albero. Questa specie non soffre alcuna potatura e tagliandolo nella parte superiore ricresce ancora più rigoglioso. La pianta era ben collocata in un grande vaso ricolmo di terra, magari rifasciato con la carta blu del Pandöçe (n.d.r trovate la ricetta, i riti e le tradizioni sul CORFOLINO!). In alcune località dell’entroterra anziché l’alloro poteva essere utilizzato il ginepro, o anche il corbezzolo, “armun” e, se conservava ancora alcune bacche, queste potevano servire benissimo come decorazioni. Soprattutto in città era comunque più diffuso l’alloro; lo usavano anche i negozianti, in particolare i macellai ed i rosticcieri che durante le feste ne collocavano uno o due grandi rami sulla porta o sulla vetrina.
    Il ramo, posto in casa, veniva poi adornato di tante piccole cose, a cominciare dai "maccheroni", la pasta di Natale da farsi in brodo (n.d.r trovate la ricetta e le tradizioni sul CORFOLINO!), legati ai suoi rami con nastri rossi e bianchi, i colori di Genova. Poi i mandarini, i fichi secchi, torroncini, dolciumi colorati ed alla fine tanti fiocchi di cotone per simulare la neve. Era questo il modo col quale i genovesi si preparavano al Natale, chiamato anticamente “Denâ” cioè il Die Natalis. L'alloro è una pianta che fin dalla mitologia greca ha avuto molteplici significati simbolici ed in particolare la tradizione cristiana ha visto nell'alloro sempre-verde il simbolo della vita eterna. Già nella Repubblica di Genova il suo ramo era simbolo beneaugurante e l'augurio che l'Abate del Popolo rivolgeva annualmente al Doge in occasione del Natale era appunto accompagnato dal "confeugu", il ceppo fronzuto di alloro, bruciato davanti al Palazzo Ducale.
    C’è chi porta avanti queste tradizioni
    A Bogliasco abbiamo trovato il sig. Andrea Carbone, classe 1925, che tutt’oggi si procura il çimello d’alloro e prepara in casa un semplice alberello che gli fa rivivere il clima dei suoi Natali da bambino, trascorsi in casa dei nonni con tutti i parenti riuniti. Quando in tavola si portava il pandolce, fatto ovviamente secondo gli antichi crismi e ornato da un ramoscello di alloro; ed allora il più anziano di casa faceva alzare tutti i commensali e, al taglio della prima fetta, recitava:
    Che u Segnû u ne dagghe
    à sò santa benedissiun,
    che ghe seggimu tutti un atr'annu
    in grassia de Diu
    con ciù dinnæ e meno peccæ.
    A questo punto tutti si segnavano e si poteva distribuire il pandolce, avendo cura di tenerne una porzione per il primo povero che nei giorni successivi avrebbe bussato alla porta. Andrea Carbone è un po’ la memoria storica di Bogliasco perché ha saputo conservare, assieme alla sorella Luisa da pochi anni scomparsa, quell’antico patrimonio di cultura, storia, religione che appartiene al paese. Ricorda le tradizioni perché continua ad attuarle, e, rinnovandole, riempie la sua vita e quella di chi gli è vicino.
    Pier Luigi Gardella



    Fonte: Pier Luigi Gardella © Riproduzione vietata


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