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    di Simone Parma | 28 Luglio 2016 | in categoria/e cucina ecologia edizione cartacea ricette storia locale

    Qui, dove non si butta via niente: le foglie diventano legacci, la carta dell'uovo di Pasqua fa da spaventapasseri e la marmellata si fa con i “rifiuti”. Ecco la ricetta.

    Qui, dove non si butta via niente: le foglie diventano legacci, la carta dell'uovo di Pasqua fa da spaventapasseri e la marmellata si fa con i “rifiuti”. Ecco la ricetta.

    Mentre siamo seduti a cena suonano alla porta. E' il nostro vicino con un "cavagno" pieno di albicocche: «Prendetele voi perché ormai sono troppo mature e ci si può fare solo la marmellata!». Troppo mature per essere vendute, troppo rustiche per essere apprezzate sugli scaffali. Troppo buone per essere buttate. Sembra un normale evento di buon vicinato, in realtà è qualcosa di più. Ho pensato a quella cassetta di albicocche e poi al cibo che viene gettato perché non conforme a standard estetici e cromatici. In pratica questa marmellata, secondo quei canoni, l'abbiamo fatta con i rifiuti (leggi sotto).

    Foglie, erba lunga, carta: non si butta via niente
    Nella vita in campagna ogni cosa ha un compito. I legacci per legare le canne di bambù sono fatti con le foglie di palma, l'erba lunga non è intralcio e sporcizia bensì fieno e cibo per gli animali, la carta dell'uovo di pasqua non è spazzatura ma è fondamentale per tenere lontani corvi e cornacchie dalle semenze, ogni pietra può diventare parte di un muro e i vecchi pali per la vigna diventano legna per l'inverno. Frutta e verdura poi! Le foglie dei piselli, ormai secchi, sono l'aperitivo per le nostre pecore, che ne vanno pazze, come del ciuffo dei finocchi! Ah, i rifiuti. A fianco a casa ancora c'è il vecchio contenitore in ardesia dove veniva fatto il compost. Cento anni fa. O siamo noi che mangiamo rifiuti oppure c'è qualcosa che non va. Ma indipendentemente da quante tonnellate di cibo potremmo destinarne ad usi più morali, preferisco lo scarto del vicino alla natura falsa a cui ci hanno abituato. Alla fine, è la bocca che vuole la sua parte, non l'occhio.

    Che buona la marmellata di "rifiuti"!
    Ricetta per 2 vasetti da 500 gr o 4 da 250 gr
    Albicocche 2 kg, zucchero 500 gr, succo di 1 limone.
    Lavate le albicocche, asciugatele e tagliatele a spicchi. Mettete in una ciotola con lo zucchero e il succo del limone filtrato attraversono un colino. Mescolate con cura e coprite con la pellicola trasparente. Lasciate macerare il tutto al fresco per almeno 12 ore. Nel frattempo sterilizzate i vasetti di vetro con i rispettivi tappi a vite bollendoli in acqua per almeno 20 minuti, poi scolateli e asciugateli molto bene.
    Trascorse le 12 ore mettete le albicocche con tutto il succo formato in una pentola, portate ad ebollizione e lasciate cuocere a fuoco basso mescolando di tanto in tanto. Durante la cottura potrebbe rendersi necessario schiumare: contenendo ossigeno la schiuma è un ambiente adatto ai batteri, quindi è meglio toglierla. Dopo 30 minuti la vostra confettura dovrebbe essere pronta: prelevate un po’ di composto con un cucchiaino e lasciatene cadere una goccia su un piatto: se resta compatta è la prova che è pronta, se scivola via proseguite la cottura per il tempo necessario. Lasciate cuocere a fuoco lento e mescolate il meno possibile! Questo serve a non produrre troppo vapore che porterebbe via con sé il gusto della frutta.
    Quando la marmellata è pronta invasatela immediatamente ancora bollente. Chiudete con i rispettivi tappi a vite e lasciate riposare fino a quando la marmellata avrà raggiunto la temperatura ambiente.

    La pectina è la sostanza presente nella frutta che funge da gelificante. Senza, la marmellata non si addensa.
    Frutta ricca di pectina: mele, fichi, frutti di bosco, albicocche, prugne, limoni, arance, pompelmi (specie  la buccia) e soprattutto  mele e pere cotogne.
    Frutta scarsa di pectina: ciliege, pesche, pere, fragole: quindi per realizzare queste marmellate occorre aggiungere una frutta che ne contenga in abbondanza come ad esempio, arance, limoni e mele.




     


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