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l'aiuola
di Giansandro Rosasco | 06 Novembre 2014 | in categoria/e aiuola edizione cartacea storia locale
L'AIUOLA di Giansandro Rosasco - Era mia zia (ma potrebbe essere la tua)
Classe 1920, figlia della guerra e di un calvario di sacrifici si è spenta a fine ottobre. Una donna minuta ma impetuosa come la tempesta, testa dura ma di ferrea volontà come tutti noi Rosasco. Non aveva nemmeno la terza media ma soleva parafrasare Alfieri con il suo “volli, volli, volli”. Per raccontare la sua vita bastano due parole: LAVORO e SACRIFICIO. Unica figlia femmina con tre fratelli maschi non ha mai avuto una gioventù. Lavoro da balia quando gli anni non arrivavano neppure alla prima decina. Lavoro nei campi nell’adolescenza. Lavoro da assistente in case di anziani. La sera e la notte ad assemblare girandole e ombrellini al lume di candela. Poi il marito, conosciuto troppo tardi, sposato troppo tardi e scomparso troppo presto, senza nemmeno la gioia di un figlio. E di nuovo lavoro e altro lavoro. Sveglia la notte a preparare il pane, sveglia la mattina per venderlo, poi le immancabili pulizie e il ritorno alla casa di famiglia per l’assistenza ai genitori anziani. Nessuno svago. Anzi uno: la messa. Ogni santo giorno. E il lunedì, assieme ad altre di buona volontà, la pulizia della Chiesa. Una vita di devozione che puntualmente contestavo quando cadeva nel bigottismo ma che probabilmente era ciò che la teneva in piedi. O forse stava lavorando pure lì. Come diceva spesso: “Sono le persone che pregano a tenere in piedi il mondo, altro che i potenti”.
Che dire poi de “La madonna è scesa da cavallo per raccogliere le briciole”: la consideravo un’esagerazione ma poi ne ho fatto una ragione di vita; grazie a lei la parola “spreco” non è mai entrata a far parte del mio vocabolario. Nel disegno della sua vita c’era una luce: i nipoti e i pronipoti, tutti puntualmente accuditi e coccolati. Ricordo le feste “comandate” in FAMIGLIA, forse la parola più importante della nostra esistenza. Ricordo il chiacchiericcio dei preparativi, il profumo del tuccu cotto a fuoco lento sulla stufa, la tavolata con tutti quanti. Momenti unici che spero abbiano ricompensato qualcuno dei suoi mille sacrifici. Quando nemmeno avevo 14 anni, un’età difficile, ha pure preso il posto di mia madre, mancata prematuramente; tra lei e mio padre si sono sforzati di darmi tutto il necessario e spesso anche qualcosa di più. La sua unica paura era di finire in una casa di riposo, dove puntualmente è giunta. Non ho voglia di addossare colpe alla frenesia di questo mondo che ci porta a piangere sulle tombe al posto di fare le scelte giuste in vita, né ai miei familiari che l’hanno seguita amorevolmente ogni giorno un milione di volte più di me: sarebbero tutte scuse anche se spesso non si è sicuri di cosa sia completamente giusto o sbagliato. Al suo capezzale ricordo le sue parole sull’importanza della FEDE, che pur se a mio modo ho recepito profondamente e sulla constatazione che la vita scorre via in fretta ed è sconsigliabile dedicarsi interamente al lavoro. In ogni caso grazie di tutto Zia e per favore comincia a preparare i ravioli perchè fra qualche anno saremo nuovamente tutti insieme, riuniti come sempre a festeggiare sul terrazzone...
Tratto da CORFOLE! del 11/2014, con 25.000 copie gratuite: la testata più diffusa del Levante © Riproduzione vietata
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