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    itinerari

    di Giansandro Rosasco | 06 Dicembre 2017 | in categoria/e attualita edizione cartacea itinerari storia locale uscire

    Il cippo divide ancora - Fontanabuona “derubata”: “Ridateci la nostra Gioconda”

    Il cippo divide ancora - Fontanabuona “derubata”: “Ridateci la nostra Gioconda”

    Un reperto unico in Italia e tra i pochi al mondo: in valle nessuna istituzione ne ha compreso l'importanza, così è finito al museo di Sestri Levante che però, segnala Marco Conti "ha una media di sei ingressi al giorno"

    E’ trascorso un anno e mezzo dal famoso ritrovamento del cippo rinvenuto sul Monte Ramaceto, nel territorio del Comune di Orero (Val Fontanabuona). Una reperto che rivoluziona secoli di storia come affermato dalla Soprintendenza ai Beni culturali e che a ottobre è stato ufficialmente presentato tra i pezzi che sono andati ad arricchire il Musel Museo archeologico - città di Sestri Levante, e che si presta a diventare “il reperto di maggior richiamo”.

    Perché è un reperto così importante
    Il cippo è unico in tutta l’Italia e segnava il confine tra due proprietà latifondarie. Sulla parte anteriore si legge “Caesaris N”, il che significa che nella direzione nord, tutte le terre sono di proprietà dell’imperatore (“caesaris= “di Cesare”). I possedimenti diretti dell’imperatore erano  circa 300 in Italia, ma finora non si sapeva l’ubicazione di nessuno di essi; quello del Ramaceto è il primo e finora l’unico. La presenza della pietra conferma quindi la presenza dei romani sul nostro territorio nel Secondo Secolo dopo Cristo, probabilmente per sfruttare la zona come grandissima fonte di legname, utile nella cantieristica navale ma anche per riscaldare le terme o per attività connesse all’allevamento del bestiame. Ciò “sconvolge la storia locale” in quanto finora si pensava che la zona fosse caratterizzata da piccole proprietà terriere, mentre il cippo suggerisce che fosse sede produttiva ed allettante persino per l’imperatore. Non solo, è tra le poche testimonianze esistenti del genere: reperti simili infatti sono noti solo in Spagna e in Siria.

    Ennesima occasione persa per il turismo dell’entroterra
    Fossimo in Trentino avremmo già l’itinerario storico (altro che i cartelli verso il nulla della Strada del Castagno), i sentieri puliti per vederne una riproduzione con tabella di spiegazioni, i ristoranti col Menù dell’Imperatore a 30€, laboratori per bambini con il solo limite della fantasia. Ma siamo in Liguria, il turismo lo vogliono tutti (salvo poi lamentarsene da Pasqua a Natale) ma la mentalità è ancora quella del “c’abbiamo il mare, che volete d’altro?”. Come se ci fosse solo qui. Come se fossimo ancora negli anni ‘60 e alla gente bastasse quello. Ma soprattutto come se sul territorio non ci fosse altro. Per prime le istituzioni locali non danno cenni di interesse né comprendono a fondo le enormi potenzialità del comparto, nemmeno quel Sindaco che dovrebbe battersi con i denti per tenere un reperto così unico sul territorio e invece ammicca al biodigestore per prendere forse una manciata di posti di lavoro e che così rischia di essere ricordato in futuro, in caso di disastri ambientali piccoli o grandi che siano, come uno dei peggiori amministratori della zona.

    Davvero a Sestri ha più visibilità?
    La ciliegina sulla torta arriva da Marco Conti, consigliere di minoranza di Sestri Levante, che anticipa a Corfole il contenuto di un manifesto schock che verrà affisso a metà dicembre dal quale si evince che a fronte di investimenti per oltre 2 milioni e mezzo di Euro e un costo medio annuo di gestione di 160 mila Euro le visite al museo di Sestri Levante hanno una media catastrofica di sei ingressi al giorno con un incasso, sempre medio, di 7€: “Un vergognoso sperpero di denari pubblici e un clamoroso flop”, chiosa Conti.

    In Fontanabuona invece i musei sono sorretti esclusivamente da un silenzioso volontariato. Ma forse è proprio questo a farli passare sotto un triste silenzio.



     


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