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cultura, edizione cartacea, storia locale, tempo libero
di Michela De Rosa | 02 Marzo 2016 | in categoria/e cultura edizione cartacea storia locale tempo libero
Da Topo Gigio a Berlusconi: la storia di Guido Stagnaro, il sestrese che ha “inventato” la TV
di Michela De Rosa
Con i suoi personaggi sono cresciute intere generazioni, è stato pioniere della televisione, con programmi che hanno fatto la storia del nostro costume: dal primo quiz al primo sceneggiato a colori fino agli show della prima serata
Il Festival di Sanremo prosegue imperterrito dagli anni Cinquanta, programmi come I migliori anni (condotto da Carlo Conti) e Techetechetè (Rai 1) continuano a fare ascolti e ora Fabio Fazio ripropone Rischiatutto. Non c’è che dire, siamo avvolti da un “effetto nostalgia”. E un po’ ha preso anche me, perché quando intervisti uno come Guido Stagnaro, che ha partecipato alla creazione della televisione, che ha lavorato al fianco di Enzo Tortora, Pippo Baudo, Ugo Tognazzi, Sandra Mondaini e Raimondo Vianello, tanto per citarne alcuni, che ha diretto i primi programmi della televisione privata di un tal Berlusconi, non puoi fare a meno di pensare a come doveva essere trovarsi lì. Stagnaro mi fa rivivere “il fermento che si respirava in quel mondo tutto da costruire” dal divano della sua casa milanese, a pochi passi dagli studi della Rai di Corso Sempione. A dire il vero mi aspettavo cimeli, ritagli di giornali e foto dei personaggi con cui ha lavorato, ma Carlo è ligure: essere schivo è nel suo dna.
Dalla Sestri della Belle Époque alla Chiavari sotto le bombe
E’ qui, nella città dei due mari, che nacque nel gennaio del 1925 in una famiglia agiata e fu la mamma, Clara Watson, cantante lirica di origini inglesi, a passargli l’amore per lo spettacolo. A sei anni Guido da’ vita al suo primo teatrino di cartone, inventando storie e personaggi fatti con gli stracci che rivelano un’incredibile creatività: gli spettatori sono sempre gli stessi, la mamma e la balia, ma ben presto si sparge la voce di “quel bambino così talentuoso”. Poi la famiglia si trasferisce a Chiavari, Guido frequenta il Liceo Delpino e si crea una nuova compagnia di cui fanno parte Tetide “Teti” Gazzolo, Tina Franceschi, Gianni de Filippi, Attilio Torritti, Luciano e Sergio Defilla e una tale Elena Bono, poi riconosciuta come tra le più grandi scrittrici del dopoguerra. Già, la guerra. Arrivò anche qui e Stagnaro ne ricorda le bombe, gli aerei sopra la testa, il fuggi fuggi tra nazisti e partigiani, lo sfollamento nella casa di un contadino nella frazione di Villa Rovereto, il martello sul comodino per uccidere i topi e la fame. Anni bui che però non gli hanno tolto l’ironia e l’immaginazione, anche grazie alla compagnia avventuriera e spensierata della cugina e grande amica Nelly Castellini.
Finalmente tutto finisce e Guido si iscrive alla Facoltà di Giurisprudenza a Genova, ma non può smettere di sognare di realizzare scenografie in grandi città, così molla tutto per andare al Politecnico a Milano: “nonostante le ferite della guerra si sentiva una grande energia. Alla Scala c’era la Callas, i teatri riaprivano e ci si divertiva ovunque con l’avanspettacolo di Wanna Osiris, Macario e gli altri...”. Ma non si può vivere di speranze e Guido è costretto a tornare a Chiavari, dove nel 1952 il destino verrà a bussargli in un luogo davvero strambo: una cantina.
Tutto iniziò in una cantina, col “Piccolissimo” teatro di Chiavari
“Entrai in una vera crisi esistenziale domandandomi cosa fare... Poi un giorno, con l’amica Gabriella “Gabria”, figlia della marchesa Chiavari, vidi uno scantinato in Via Raggio 26 e mi scattò qualcosa: perché non facciamo un teatrino?”. E così fu. Un palcoscenico e un’insegna improvvisati, una chitarra, le sedie recuperate dalla chiesa... mancava solo una cosa: uno spettacolo. Guido scrive così Ma che idea!, il suo primo vero copione, interpretato da una cinquantina di “pupazzi pensanti” realizzati dalla mamma e dalla fidata Gabria che riproducevano attori dell’epoca e personaggi locali. Ingresso Lire 500. E come spesso accade le cose sperate arrivano quando meno te lo sapetti. Tra il pubblico c’era anche Carlo Marcello Rietmann, critico teatrale del Secolo XIX che scrisse “...su un palcoscenico poco più grande di una valigia... traboccano fantasie sorprendenti... Con questo Piccolissimo Chiavari vanta un primato nella ribalta d’eccezione!”. In breve non si parlò d’altro e le sedie non bastarono più.
> IN FOTO Stagnaro e l’amica Gabria Chiavari al “Piccolissimo” di Chiavari
La nascita del trio Caldura
Siamo nel 1954 e in Rai occorrono contenuti. Guido e Gabria portano il loro teatro in valigia a fare un provino a Milano, ma anche questa volta il destino si presenta in modo bizzarro, sotto le spoglie del Commendatore Zucca, il proprietario dell’omonimo storico Caffé in Galleria Vittorio Emanuele, che fa una proposta all’incredulo ligure: “Le do il piano superiore gratis per fare gli spettacoli e la vetrina in galleria per farsi pubblicità”.
E così Guido si ritrova ad allestire un nuovo spettacolo. Anche questa volta nel pubblico un giornalista che cambierà la sua vita: “una mia amica sta lavorando a dei programmi tv per bambini e cerca collaboratori”. Come è tipico di Milano, detto fatto: l’incontro con Maria Perego e il marito Federico Caldura segna la nascita del Trio Calpesta, dalle iniziali dei loro cognomi. “Eravamo nel posto giusto al momento giusto e così iniziammo subito a realizzare programmi per la Rai: il primo fu I Burrattini all’italiana”.
> IN FOTO il trio Calpesta
Il primo (cattivissimo) quiz tv
“La Rai di quei tempi era entusiasmante, facevamo cultura in modo divertente, si potevano portare nuove idee per costruire un nuovo immaginario”. All’epoca infatti la televisione non era solo divertimento, serviva anche per fare da scuola a un’Italia ancora analfabeta. Fu su quest’onda che nel ‘54 Garinei e Giovannini chiesero a Stagnaro e gli altri di collaborare a Duecento al secondo, il primo quiz televisivo. I concorrenti venivano subissati di domande e sottoposti a prove assurde e vincevano 200Lire per ogni secondo che restavano in gara. Per chi sbagliava c’erano penitenze crudeli, come le uova spiaccicate sui capelli o il venire ricoperti da creme appiccicose e cenere. Il successo fu tale che i negozi di tv presero ad aprire la sera per permettere alle famiglie di vederlo e il titolare di un caffé di Roma inviò alla trasmissione 100.000 Lire come ringraziamento per l’impennata che avevano avuto i suoi affari grazie alla gente che si affollava nel suo locale.
Topo Gigio? Prese il nome dallo zio Gigio di Sestri
Per la tv dei ragazzi Stagnaro scrive “La principessa che voleva la luna”, “Le storie di Re Però” e altre fiabe ma è nel 1959 che da’ vita alla creazione più famosa, Topo Gigio. “Gironzolavo nel nostro laboratorio creativo in cerca di ispirazione e in fondo a uno scatolone pieno di pupazzi abbandonati ne scorsi uno che Coldura aveva realizzato per animare il numero musicale de “La sveglietta”, con Modugno. Appena lo vidi mi venne subito l’ispirazione per un topo campagnolo, con i capelli biondi e la maglia a righe, amante del groviera e ingenuo, che a ogni panzana risponde “Cosa mi dici mai!”. Serviva il nome e Guido si ispira allo zio, il capitano di lungo corso Gigio Stagnaro di Sestri Levante. Il personaggio viene poi cesellato e perfezionato dal Trio Caldura e spicca subito il volo, come spalla allo Zecchino d’oro poi accanto a Memo Remigi ne L’inquilino del piano di sotto e ancora a Canzonissima con Raffaella Carrà e così via. Interessante da ricordare che al debutto Topo Gigio era seguito da un funzionario RAI davvero particolare: l’allora sconosciuto Umberto Eco. Il successo fu tale che anche la città di Chiavari pensò di rendere onore al suo concittadino: “fu progettata una statua da collocare nel parco di Villa Rocca, ma poi non se ne fece niente”.
Quando mi chiamò Berlusconi
Seguono centinaia di successi, come La Gallina Tric Trac, la commedia teatrale La porta sbagliata (1972) e le regie televisive: dal quiz Il gioco del numero (1971) agli sceneggiati, tra cui Nel Mondo di Alice (1974), la prima trasmissione Rai a colori. E questi solo per citarne alcuni.
Arriviamo così allo sbarco (1977) sull'antesignana delle tv commerciali, Antenna 3 “una realtà piccola ma molto attiva. Si sperimentava e tutti sono passati di lì, da Fazio ad amanda Lear, Pamela Prati, Carmen Russo e tanti altri”: qui Stagnaro cura la regia di Aria di mezzanotte con Enzo Tortora (1978), La storia secondo i Cetra (1980) con il Quartetto Cetra e il duo comico Teo Teocoli e Massimo Boldi, poi Ric & Gian più (1982) nel quale debuttò una carismatica Donatella Rettore per la quale Stagnaro crea anche i primi indimenticabili videoclip (Kobra, Estasi, Brivido, Benvenuto).
All’inizio degli anni ‘80 arriva l'incontro con Silvio Berlusconi che lo porta nella sua Fininvest. Su Canale 5 segue la regia di Ric e Gian Folies (1983), dove debutta anche Edwige Fenech, a cui seguono Studio 5 (1987) con Marco Columbro, e la prima sitcom made in Italy, I cinque del quinto piano (1986). Nel 1990 torna in Rai per la regia della trasmissione Dudù dudù con Claudia Mori.
Poi la televisione cambia, i dati Auditel prendono il sopravvento sulle idee e per un creativo come Stagnaro arriva il momento di defilarsi e dedicarsi alle sue passioni: la lirica, la pittura e il suo mare. Una vita davvero avventurosa, di cui qui abbiamo potuto ricordare solo una piccola parte e che trovate ben raccontata nel libro a lui dedicato.
IL LIBRO: "L'artigiano della tivù"
Tra queste godibili pagine ritroverete i luoghi e i personaggi del Levante nonché la storia della TV e del nostro costume. Scritto dalla giornalista Maria Teresa Melodia (in foto con Stagnaro) ha la prefazione di Aldo Grasso.
Tratto da CORFOLE! del 3/2016, con 25.000 copie gratuite: la testata più diffusa del Levante © Riproduzione vietata
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