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edizione cartacea, storia locale
29 Aprile 2017 | in categoria/e edizione cartacea storia locale
Noi che... si beveva l'Arzente e il Cordiale e si cuoceva il pane nel forno in piazza
I ricordi dei tempi passati sono racchiusi dentro il cuore e la memoria di chi l’ha vissuti, unici per ognuno di noi, ma così simili tra loro. Questo mese il Memorial Ghilarducci è un ricordo, tanto semplice, quanto caratterizzante di un’epoca, di un periodo, di milioni di vite. “L’ottuagenario” (così si fa chiamare il nostro lettore) nel suo libro di memorie descrive i vari aspetti della vita dai primi anni del ‘900; ne abbiamo scelti alcuni, che per molti rappresenteranno un salto indietro nel tempo, ma anche un utile spunto per riflettere su chi eravamo e chi siamo oggi.

MUOVERSI IN CAMPAGNA E IN CITTA'
“[...] circolavano ancora grossi carri trainati da cavalloni lenti e sicuri che conoscevano la strada, senza venir guidati. Spesso il carrettiere schiacciava un pisolino in cima al carico, sicuro che il cavallo lo avrebbe portato a destinazione. Nelle città i tram elettrici avevano sostituito quelli a cavalli, ma molti preferivano fare quattro passi e risparmiare il prezzo del biglietto. Durante la guerra quasi tutte le auto erano ferme perchè la benzina era rarissima. Inoltre, senza i permessi speciali venivano requisite e così si nascondevano nei fienili e nei magazzini.
“[...]Fuori dei cinema si addensavano molte centinaia di biciclette e c’era il custode che consegnava lo scontrino. Non era prudente lasciare la bici incustodita [...]”
SI BEVEVA... CORDIALMENTE
“[...] C’erano altre bevande nel passato, molto apprezzate, di cui oggi si è persa memoria. Ricordo il Ferrochina Bisleri, una sorta di concentrato di amaro chinato, che si beveva alla fine del pasto. Anche una sorta di cognac (il nome imposto era “arzente” per evitare voci estere) e poi il Biancosarti, un cordiale. La Campari pubblicizzava il suo “cordial” molto buono. L’amaro Gambarotta, vari vini chinati ad ispirazione classica, una gazosa indefinibili chiamata “sciampagnino” .
IL FORNO IN PIAZZA
“[...] Non c’erano frigoriferi, che arrivarono ai primi anni ‘50 ed erano americani. Giravano i carri del ghiaccio. Un pezzo, nella ghiacciaia di legno foderata di zinco, si avvolgeva in due sacchi di juta perché durasse di più.”
“[...]Il propano era di là da venire e durante la guerra qualcuna funzionava, si fa per dire, col gas di un fornello a carbonella ed oggi sembra incredibile”.
“[...] Rimase a lungo, dai tempi antichi, l’uso del forno pubblico, forse in certi paesi sino alla metà del ‘900. C’erano alcuni forni collocati contro i muri dove tutti potevano cuocersi quelle vivande. Si contribuiva a mantenerlo caldo con qualche pezzo di legna e in fila si aspettava il turno quando non si potevano mettere più teglie nello stesso tempo. O forse la temperatura poteva essere diversa. Era un sistema alla buona che nasceva dalla convivenza stretta. Si facevano due chiacchiere in fila e se un marito vi incontrava la moglie poteva fermarsi a leggere il giornale o commentare le notizie col vicino.
I commenti dei lettori

Guido Fossati:
mi riporta alla mia prima infanzia, in tempo di guerra, trascorsa dai miei nonni a Chiesina Uzzanese. Ricordo ancora il custode delle biciclette che dava un biglietto col numero e l'altra metà la incastrava tra inraggi della ruota delle bici. Ricordo altresì il pane fatto in casa e portato a cuocere al forno a legna, che aveva un profumo particolare. anche le schiacciate che mi preparava la nonna. Al bar caffè, arzente e cordiale.
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