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cultura, edizione cartacea, storia locale
di Vittrio Rosasco | 03 Maggio 2011 | in categoria/e cultura edizione cartacea storia locale
RANGHINELLI - La lavandaia velia, il ‘ras' e le albicocche... proibite
SeIn una parte del vasto terreno attorno all’Istituto c’erano i cortili per la ricreazione riservato alle femmine e uno ai maschi, il rimanente era coltivato ad orto e frutteto. In un angolo, sotto un edificio in muratura col tetto a terrazzo c’erano i truogoli e i bagni. Quello era il regno della Velia, la “lavandaia” perché tutti i giorni a tutte le ore lavava i panni. Era una donna piuttosto anziana, di poche parole, mite, che i primi tempi mi fece impressione perché ogni tanto emetteva un rantolo e cadeva a terra.
Noi pensavamo che stesse per morire non sapendo che era affetta da crisi epilettiche. Qualcuno chiamava le suore, la facevano sedere su di una sedia e poco dopo si svegliava e ricominciava a lavare i panni. Quando sono uscito dal collegio c’era ancora, ricordo di averla salutata con affetto perché per me era una figura caratteristica e buona che mi è rimasta nella mente e nel cuore. A fianco della struttura c’era un grande albicocco che faceva frutti grandi, rubicondi, dolcissimi. Era assolutamente proibito coglierli ma ci potevamo contendere quelli caduti a terra. E venne infine il giorno del trasferimento di suor Emilia. Fu un giorno di festa ma anche l’iniziò di altro incubo.
La mente diabolica di uno dei più grandi, un tipo prepotente, inventò una presunta delega ricevuta dalla suora e siccome di suor Emilia si aveva il terrore, ne approfittò per farsi servire, comandare cose illecite, compiere soprusi soprattutto a scapito dei più piccoli e dei più deboli. Chi si rifiutava riceveva anche botte. E il bello, anzi il brutto, fu che quando il “ras” uscì dal collegio trasmise la delega al compagnone che maggiormente l’aveva assecondato.
Personalmente ero fuori dai giochi e vivevo quasi appartato in un mondo tutto mio, quando un giorno il ras di turno, per di più un fontanino, un essere viscido e codardo, guardando le belle albicocche che rosseggiavano tra le fronde sul tetto della lavanderia gli venne una “voglia” e mi ordinò di andare a prendergliele. Ma perché proprio io che non ero adatto per quelle cose, io, un timido consapevole che sarei stato scoperto. Dapprima tergiversai, poi protestai energicamente, alla fine consapevole che me l’avrebbero fatta pagare, obbedii. Sotto lo sguardo di tutta la ghenga, incerto e impacciato salii facilmente sul tetto della lavanderia, colsi quattro grossi frutti due li misi nella tasca del grembiule e due li consegnai al capo, quando arrivò la suora assistente che si insospettì subito, chiedendo cosa stessimo facendo. Mentre lui teneva i frutti racchiusi tra le mani con le dita rivolte all’interno all’altezza dei genitali, io divenni di brace, tremavo tutto, avevo l’impressione che le albicocche si muovessero nervose nel grembiule…misi le mani in tasca e le presentai alla suora. Fu l’unica volta che subii la punizione delle…. amare cinghiate. Il rancore verso quel individuo mi rimase tanto che quando lo incontrai anni dopo da adulto non lo salutai.
Tratto da CORFOLE! del 5/2011, con 25.000 copie gratuite: la testata più diffusa del Levante © Riproduzione vietata
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