cultura e tradizioni

08 Settembre 2011 | in categoria/e attualita

Di quando in seminario ho fatto il corso di sarto

immagine di repertorio

(SANPIERDARENA  1939)
Mia madre mi vedeva sereno e  felice, godeva della mia presenza ma nello stesso tempo pensava al mio futuro. Cosa avrei fatto? Mio fratello Giuseppe da anni, con grande profitto e soddisfazione con incarichi importanti di responsabilità frequentava la scuola professionale del Don Bosco di Sanpierdarena sezione falegnami e poter fare altrettanto per me era nei suoi pensieri anche se il suo sogno nel cassetto era quello di avere un figlio sacerdote: ma i tempi non erano maturi. Tanto fece che pur ad anno scolastico iniziato riuscì nell’intento.  Essendo già esauriti gli indirizzi di falegnameria, meccanica e tipografia, i più ambiti, mi iscrisse alla scuola di sartoria. Benedico ancor oggi la scelta di mia madre. Dopo le prime difficoltà con il “ditale bucato” proprio dei sarti uomini, ho, in un anno imparato talmente tante cose che nella vita ho saputo cavarmela egregiamente. Fare il sarto mi piaceva. Ricordo gli ampi saloni delle officine meccaniche, dei falegnami, le tipografie, le sartorie, ricordo i grandi cortili dove in tempo di ricreazione facevamo lunghe partite a calcio, ricordo anche l’impegno che si metteva nel breve tempo dedicato allo studio. Di  questo periodo voglio raccontarvi un episodio che certamente vi farà sorridere.
 Ero abituato al latte genuino della nostra Bardin, talvolta lo bevevo appena munto ancora caldo, mia madre mi preparava la crema con lo zucchero, una delizia! Alla prima colazione in Istituto mi ritrovai con una “lambroccia” che non riuscivo a trangugiare. Si trattava di latte in polvere sciolto nell’acqua che, lasciandolo sedimentare si vedeva il deposito con un effetto ottico deprimente. La soluzione più immediata fu di cederlo ad un compagno che accettò ben volentieri a patto che gli cedessi anche il pane e così feci solo che stare senza colazione mi procurava qualche inconveniente. Dopo un certo periodo decisi di riprovare. Beh, non era poi così male, sempre meglio che stare a digiuno! Venne a piacermi talmente tanto che siccome chi partecipava ai funerali come chierichetto otteneva la merenda a base di caffelatte, ero ben contento quando il sacerdote catechista, insegnante di religione, mi affidava l’incarico. Fu un anno bello ed entusiasmante. e soprattutto ho potuto godere della compagnia del fratello preferito. Purtroppo, per varie vicissitudini, non mi capitò mai più, se non saltuariamente, nella vita.

(Continua sul prossimo numero)
Vittorio Rosasco
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Tratto da CORFOLE! del 9/2011, con 25.000 copie gratuite: la testata più diffusa del Levante © Riproduzione vietata

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