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01 Luglio 2025 | in categoria/e edizione cartacea

MA COSA VUOL DIRE GENOVA?

Alle origini del nome del capoluogo ligure

L’etimologia è la scienza che studia l’origine e la storia delle parole, secondo dei procedimenti che riguardano la semantica (lo studio dei segni), i fonemi (il suono delle parole stesse) e la morfologia, ovvero la loro struttura. Studia quindi gli etimi, e l’etimo degli etimi deriva dal greco, dove étymos significa vero, reale. Quindi l’etimologia studia di fatto la realtà ontologica, l’essenza delle parole. E qui si apre una voragine, perché pur essendo una scienza, l’etimologia non è tra quelle del tutto esatte. Capita a volte che per motivi storici o politici o per interpretazioni differenti gli etimi non siano sempre pacifici. Genova, per esempio.

QUAL E'L'ORIGINE DELLA PAROLA GENOVA? 

Alcuni fanno riferire il nome a un termine etrusco, Kaina, che significa città nuova. Per altri studiosi deriva dal corpo umano, dove in antica lingua indoeuropea geneu era il ginocchio. Come se la città si fosse dovuta inchinare davanti a un nemico: figuriamoci come questa ipotesi striderebbe con il soprannome della Superba, riferita al nostro capoluogo. Potrebbe però derivare anche da genu, di origine celtica, che è la bocca, quindi l’imboccatura che si riferisce quindi al porto. La più bella origine è tuttavia quella che fa riferimento a Giano, che ha il suo bel busto sul pozzo del quartiere Sarzano: il bifronte, come città che guarda al mare e alla montagna. Peccato che sia una bufala inventata nel medioevo per dare lustro alla città. Quale sia la verità resta un mistero. Come lo è un nome del tutto familiare nel levante ligure e in particolare nell’entroterra...

Da dove viene la parola ardesia è un altro mistero

I cervelloni linguistici, con un doppio salto carpiato e avvitamento, affermano che derivi dalla zona delle Ardenne. Peccato che Ardenne derivi dalla celtica Arduinna, la dea protettrice delle foreste, di cui le Ardenne sono famose. Se invece di guardare lontano si fossero anche solo soffermati sul fonema ardesia, avrebbero compreso che o l’origine viene dal cimbrico ardu, ovvero pietra scura o più semplicemente ancora dal latino ardere, visto che questa pietra che veniva posata sul fuoco ancora prima dell’età del bronzo, era come l’antesignana della cucina a induzione. Più avanti nel tempo si scoprì che le lamine di questo schisto erano eccezionali: leggere, impermeabili e tenevano lontano il freddo e il caldo. Con il tempo l’ardesia ha preso anche un altro nome, pietra di Lavagna o direttamente Lavagna. Il motivo è sconosciuto, può darsi che si tratti di una sineddoche, dove una parte, Lavagna, sta a indicare il tutto, l’ardesia. Un modo per appropriarsi di un nome più famoso. Ma è uno scempio, perché Lavagna, pur essendo diventata la lavagna di ardesia sulla quale hanno scarabocchiato milioni di studenti prima dell’era digitale, ha tutta un’altra storia. Ictu oculi, più bello di evidentemente (una botta di latino non fa mai male, visto che andiamo indietro nella storia alla ricerca delle origini delle parole), ardesia e lavagna sono due parole così diverse, tipo Genoa e Sampdoria, che all’inizio non potevano davvero indicare lo stesso oggetto. Galileo chiamava la lavagna la pietra del paragone dei cervelli. Capiva subito dai disegni degli allievi, chi era acuto e chi ottuso, e non mi riferisco agli angoli. 
La ricerca degli etimi non ci fa capire solo la vera origine delle parole, ma ci impedisce di farci prendere in giro, da chi ci dice, per esempio che si vis pacem para bellum, cioè che se vuoi la pace devi preparare la guerra. No, perché bellum in origine significa giusto e bello (bellezza). E quindi la vera traduzione è “Se vuoi la pace prepara cose giuste e belle”.   

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