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storia locale
16 Ottobre 2023 | in categoria/e storia locale
LE VACANZE DI UN TEMPO - Quando la scuola iniziava a ottobre
di Elisabetta Guzzo, Sestri Levante
1 ottobre 1968. Le mie vacanze le ho passate dai miei nonni a Levanto perchè mi è nato un fratellino e mia mamma era indaffarata. Ero molto contenta però perchè al mattino mio nonno mi comprava la focaccia calda e mia nonna mi portava sul mercato della frutta con lei. Lei andava dietro al banco della frutta e prendeva quella un pò marcia, io mi vergognavo un pochino, ma faceva delle macedonie buonissime. I pomeriggi andavo al mare e quest’anno ho imparato a nuotare, mi portava la nonna ma lei non aveva il costume e una volta un’onda l’ha bagnata tutta e ha perso anche le ciabatte, poi siamo tornate a casa e lei era scalza. Certi giorni andavo con mia nonna a fare le erbette a punta Mesco poi lei ci faceva i gattafin che a me piacevano tanto. Avevo anche le amiche perchè i miei nonni affittavano le stanze della casa e venivano i bagnanti e io facevo amicizia con i loro bambini.
Giocavamo sul grande terrazzo a travestirci con i vestiti vecchi di mia mamma, era bellissimo. Peccato che c’era un bagno solo e quando mi scappava la pipì dovevo aspettare tanto; poi siccome la catena dell’acqua si rompeva ogni tanto, mio nonno aveva appeso un foglio con scritto: “tirare legiermente la catena”. Io ridevo perchè mio nonno aveva fatto un errore di ortografia ma lui aveva studiato poco perchè aveva fatto la prima guerra mondiale. Io dormivo in sala e c’era un bella lampada con i pesciolini che giravano intorno. Quando mio papà mi veniva a trovare mi portava sempre un regalo, mi ricordo che un giorno mi ha portato una cucina giocattolo e io ero molto contenta.
Poi alla sera i nonni mi portavano ai giardinetti e mi compravano il gelato e loro si sedevano sulle panchine e ascoltavano la banda.
Poi ho visto la processione dal terrazzo perchè era San Giacomo e con mio nonno contavamo i Cristi: questa estate ne abbiamo contati 42, poi passavano le dame vestite antiche e anche i cavalieri con i cavalli veri, c’era anche la statua di San Giacomo, era piena di oro e di uva vera. Quando finiva la processione buttavano i lumini in mare alla Pietra, che era un meteorite antichissimo. Alla fine facevano i fuochi d’artificio, io ho avuto un pò paura ma poi mi sono piaciuti tanto. Nella casa dei nonni c’era un profumo di mare perchè loro abitavano lì vicino; a me è piaciuto tanto stare con loro, mi raccontavano le storie di quando c’era la guerra e la nonna mi preparava tanti manicaretti perchè cucinava bene. Ho passato una bellissima vacanza da loro e quando sono tornata dalla mia mamma a Sestri ero pure molto contenta, ma il mio fratellino era cresciuto che quasi non lo riconoscevo più.
di Giovanni Sale, Rapallo
Era lunga l'estate quando le scuole cominciavano il primo ottobre. Erano i mitici anni ‘60 e l'estate aveva il sapore di sale sapore di mare della canzone di Gino Paoli che la radio e i jukebox diffondevano nell'aria, come quella di Mina che urlava di preferire la tintarella di luna alla normale abbronzatura, o la sognante Orietta Berti che si lasciava cullare pigramente nel mare finché la barca va.
Oltre le canzoni, alla domenica mattina echeggiava la voce di mia madre rivolta a mio padre: “Giuse! Porta i bambini al mare che io preparo i ravioli!”. Era proprio un buon padre, non frequentava i bar, non andava nella società a giocare a carte, non fumava e nelle vacanze estive si dedicava completamente a noi tre bambini: “Oggi vi porto in una delle tante piccole insenature che orlano la costa ligure”. Quasi arrivati a questa spiaggetta dal paese di Polanesi, il sentiero si colorava dei cespi di ginestra fiorita il cui profumo si mescolava con l'odore della salsedine. Sulla roccia qualche agave protesa sul mare con la sua asta fiorita. Mia sorella Lucia, la più piccola, portava il salvagente a tracolla; mio fratello Piero saltellava con secchiello e paletta, mentre io, il più grande, tenevo in spalla la borsa con la frutta e lo sciroppo di amarena preparato della mamma. Disteso l'asciugamanino verso la battigia, papà ci faceva giocare con la sabbia nel bagnasciuga.
Poi stava in piedi nell’acqua marina fino alla cintola e ci chiedeva “Chi vuol venire qui in braccio a me?”, correndo per primo gli gettavo le braccia al collo e stretto sul petto umido gli chiedevo di farmi fare un bagnetto e oplà! velocemente il papà mi lasciava andare giù sgabettante nell’acqua un po’ fredda da farmi rabbrividire anche di gioia. Poi, tenendomi una mano sotto la pancia e l’altra sotto il mento, mi insegnava a nuotare dicendo “Ora sbatti i piedi per fare la schiuma e muovi le braccia”, finché un bel giorno riuscii a galleggiare e a nuotare da solo, ma sempre con papà vicino e senza andare al largo. Poi fu la volta di mio fratello, bagnetto senza forzatura ascoltando le sue richieste. Mia sorella preferiva nuotare sempre col salvagente sotto le ascelle e con le braccia aperte così sembrava una papera. Un po’ più grandicelli, sempre papà ci portava in un’altra spiaggia, la gallinella, una piccola insenatura delimitata da un grande scoglio basso e piatto e dall’altra parte un altro scoglio accanto ad altre rocce sulle quali potevamo arrampicarci arrivando sopra una scogliera da cui la costa scendeva al mare. Scogli e scogliere che durante le nostre vacanze estive erano il mondo di noi fratelli e dei nostri amici.
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