aiuola, ecologia, edizione cartacea

di Giansandro Rosasco | 08 Maggio 2014 | in categoria/e aiuola ecologia edizione cartacea

L'AIUOLA (di Giansandro Rosasco) - Salviamo l'uomo

Dopo aver sentito parlare di “voto in cambio di creazione di rifugi per conigli”, “adozione a distanza di muli” e “sfruttamento del lavoro delle api” voglio dire la mia sull’argomento. Preciso: sono un carnivoro a tutto tondo, ma non per questo impedisco che il giornale che stringete tra le mani tratti argomenti vegetariani, vegani o simili perchè accetto serenamente la decisione di ognuno di noi di fare quel che crede della propria alimentazione. Quel che non accetto è l’esasperazione da parte di quelli che definisco i “talebani del broccolo” cioè tutti coloro che criticano aspramente fino ad arrivare a pesanti accuse “di sterminio” chi come me non disdegna un piatto di coniglio alla ligure.
Problema nel problema, non solo arrivano ad esser molesti, ma addirittura a compromettere con il loro operato, apparentemente a favore della natura, il delicato e vero equilibrio naturale. Ne sanno tristemente qualcosa ad esempio nella zona più inospitale del mondo, l’Artico, dove per i pochi abitanti la parola “sopravvivenza” ha un peso che neanche ci immaginiamo. Nel loro vocabolario hanno una parola diversa per descrivere i diversi tipi di neve: “la neve che scende, la neve che segna la fine della bella stagione, la neve appena caduta, la neve soffice su cui si fa fatica a camminare, i cumuli di neve morbida, la neve dura e cristallina, quella che si è sciolta e poi ricongelata, la neve su cui è piovuto sopra, la neve farinosa, la neve trasportata dal vento, la neve con cui il vento copre gli oggetti, la neve dura che cede sotto il peso dei passi, la neve fusa per essere bevuta, la neve ammucchiata e la neve più adatta a costruire gli igloo”. Gli Inuit (che noi erroneamente chiamiamo eschimesi e che secondo alcuni significa “mangiatori di carne cruda”) distinguono tutte queste varietà di neve e di ghiaccio perchè devono scegliere con attenzione dove si può camminare, i luoghi adatti a costruire le case, le superfici più sicure per passarvi con le slitte e le brecce del ghiaccio da cui le foche escono a respirare per cacciarle. Ma da quando Greenpeace ne ha divulgato le immagini accusandoli di sterminio salvo poi accertarsi che si trattava di reale sopravvivenza e ritirare in parte l’accusa (ma ormai il danno era irreparabile), è iniziata una vera e propria crisi che ha portato fame, alcolismo e il 90% di disoccupazione in questo pacifico popolo che da sempre vive in simbiosi con la natura più estrema. Ma non importa a nessuno. E così, dal divano, con la comodità del supermercato sotto casa, tutti si ergono a “paladini degli animali”, ma chissà perché solo di quelli che hanno gli occhi dolci (non mi pare ce ne siano per salvare i “poveri topi” o le “sensibili zanzare”). E così continua lo sterminio di questo popolo che l’animalista occidentale, spinto dalla sacra fede negli amici a quattro zampe e nella lattuga, vede come “giusto” rendendolo ancor più tragico in quanto nessuno ne parla, perché lontano, ovattato e silenzioso.
Come la neve.

Tratto da CORFOLE! del 5/2014, con 25.000 copie gratuite: la testata più diffusa del Levante © Riproduzione vietata

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