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diritto, edizione cartacea, esperti
01 Febbraio 2010 | in categoria/e diritto edizione cartacea esperti
DIRITTO UTILE - Comuni e videosorveglianza
A cura dell'avv. Gabriele Trossarello - Contatti 0185.938009 redazione@corfole.com
A seguito dell’entrata in vigore del decreto legge n. 11/09 (in seguito convertito in legge 23 aprile 2009, n. 38) in tema di sicurezza, contrasto ai reati di violenza sessuale e atti persecutori (c.d. stalking), è stata riconosciuta ai Comuni la possibilità di avvalersi di sistemi di videosorveglianza in luoghi pubblici o comunque aperti al pubblico al fine di esercitare un maggiore controllo. La normativa prevede che le immagini così raccolte possano essere conservate per 7 giorni, fatte salve speciali esigenze. Sorge spontanea tutta una serie di domande inerenti al rapporto tra l’esercizio di tale controllo da parte degli enti locali ed eventuali lesioni del diritto alla privacy del cittadino. Va ricordato che nei mesi successivi agli attentati terroristici dell’11 settembre il diritto alla riservatezza in luogo pubblico, nei Paesi a rischio di attacco, è stato più volte sacrificato in virtù di una tutela della sicurezza pubblica. In Italia negli ultimi anni si è poi assistito ad una crescita esponenziale della delinquenza di strada ed un incremento notevole di reati a sfondo sessuale, furti, spaccio di sostanze stupefacenti… Anche in questi casi le ragioni di ordine pubblico vengono spesso anteposte alla protezione dei dati personali dei cittadini allorché vengono svolte indagini su migliaia di persone che transitano in luoghi cosiddetti ‘sensibili’. In proposito il Garante per la privacy ha sollevato alcuni dubbi circa la legittimità dei Comuni a dotarsi di strumenti di tutela della pubblica sicurezza, in quanto tale materia è istituzionalmente di competenza delle Forze di Polizia, mentre agli enti locali la Costituzione attribuisce unicamente funzioni amministrative. Così come non apparirebbe ammissibile lo scambio dei dati, raccolti tramite strumenti video, tra soggetti pubblici. Occorre ricordare che lo stesso Codice della Privacy prevede che il trattamento dei dati personali da parte degli organi di polizia per finalità di tutela dell’ordine pubblico e prevenzione, accertamento e repressione di reati sia comunque sottoposto alla disciplina del codice stesso. Pertanto ai sensi dell’art. 11, D.lvo n. 196/2003 i Comuni dovranno trattare i dati raccolti senza tralasciare l’informativa dell’interessato, il diritto di accesso alle informazioni ed i principi di proporzionalità e correttezza. Ma ci si chiede che cosa debba intendersi per ‘luogo pubblico’ ed in particolare se alcune zone come terrazzi, balconi, toilette pubbliche possano essere oggetto di riprese. La recente giurisprudenza della Corte di Cassazione ha considerato legittime le videoriprese di telecamere posizionate esternamente a luoghi ‘esposti al pubblico’ ed orientate verso l’ingresso degli stessi. Vengono altresì ammesse le videoregistrazioni riguardanti comportamenti tenuti in luoghi di privata dimora ma liberamente osservabili da estranei in quanto ritenuti equivalenti ai dati raccolti dagli organi di polizia in occasione di pedinamenti e operazioni di controllo. La diffusione su tutto il territorio di sistemi di videosorveglianza dovrebbe garantire una maggiore prevenzione di alcune tipologie di reati e rafforzare il controllo di aree che diversamente sarebbero lasciate alla mercè della criminalità. Sarà poi la prova sul campo a dimostrare se la validità e l’efficacia di queste apparecchiature varrano il rischio di riduzione parziale di alcune libertà costituzionalmente garantite ai cittadini.
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di Giansandro Rosasco
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