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edizione cartacea
22 Settembre 2024 | in categoria/e edizione cartacea
Le sfortunate gemelle di Riva Trigoso (1): il tragico varo del Principessa Jolanda
22 settembre 1907: il piroscafo affonda davanti agli occhi increduli degli astanti
- Primo transatlantico italiano di lusso e tra le più grandi navi sino ad allora costruite per una compagnia nazionale, fu progettato per solcare le rotte per il Sud America, dove gli italiani e molti liguri andavano a cercare fortuna.
- Costò sei milioni di lire (una cifra da capogiro) e fu tra i primi dotati di illuminazione elettrica, telegrafo senza fili e telefono in ogni cabina. Ma era all’avanguardia anche negli aspetti umani: per la prima volta la terza classe aveva alcune comodità, tra cui le docce.
SUL NUMERO DI OTTOBRE L'INCREDIBILE STORIA DEL PIROSCAFO GEMELLO: IL PRINCIPESSA MAFALDA
di Michela De Rosa
Immagina. Sei all’inizio del Novecento, il progresso tecnologico corre come mai prima, si costruiscono navi sempre più veloci che consentono di attraversare gli Oceani in tempi brevi, in tanti sognano di salpare per le Americhe in cerca di fortuna e proprio vicino a casa tua viene costruito il più grande e moderno piroscafo. Il Lloyd italiano (società di navigazione fondata a Genova nel 1904 dal senatore Erasmo Piaggio) commissionò al Cantiere di Riva Trigoso (fondato sempre da Erasmo Piaggio) la realizzazione di una coppia di piroscafi che vennero chiamate Principessa Jolanda e Principessa Mafalda, in onore delle figlie di re Vittorio Emanuele III e della regina Elena. L’intenzione era di competere con le società di navigazione di maggior prestigio come quelle inglese e olandese grazie a navi veloci e lussuose per il Sud America. Il primo ad essere terminato fu il Principessa Jolanda: lungo 146 metri, più veloce e potente dei predecessori, lussuoso e all’avanguardia, aveva 100 posti in classe lusso, 80 in prima classe e 150 in seconda. Ma le novità riguardavano anche la terza classe, dove viaggiavano quasi 1000 migranti: per loro furono messe a disposizione per la prima volta docce, corrente elettrica e mensa.
La mattina del varo
Insomma, la mattina del 22 settembre 1907 si accinge ad essere un giorno glorioso per l’Italia e i cantieri liguri: ci sono tutte le condizioni per essere orgogliosi e la campagna pubblicitaria della società armatrice ha portato una marea di gente a seguire l’evento e a festeggiare il varo del principesco Principessa Jolanda. Sono le 12.25 e la madrina d’eccezione, Ester Piaggio, moglie di Erasmo Piaggio, vara il piroscafo tra bandiere, autorità estasiate, brindisi e la folla festosa accalcata sulla riva e in sulle barche. Il glorioso e lussuoso gioiello del mare scorre sullo scivolo tra applausi e grida festose....
...Ma la felicità dei presenti si raggela quasi subito: appena entrata in acqua la nave si inclina su un fianco. Tutti capiscono che sta per accadere l’irreparabile e l’urlo di gioia degli operai si trasforma in paura per la vita dei colleghi e del personale imbarcato. Sono attimi di incredulità e panico. La nave continua a piegarsi sul fianco, per fortuna lentamente, così le barche che erano tutte attorno, pronte a seguirlo festanti, si trasformano in scialuppe riuscendo a salvare tutte le persone a bordo. Così, mentre sulle cartoline compariva illustrato come navigante, in realtà il Principessa Jolanda non prese mai il mare.
Sulle cause vennero fatte diverse ipotesi: si concluse che bastò una piccolissima differenza di peso su un lato per imprimere lo sbandamento; poi gli oblò lasciati aperti o non ancora montati fecero imbarcare acqua, compromettendo irrimediabilmente la situazione. Venne quindi stabilito che la responsabilità era da attribuirsi a errori di calcolo. E si scoprì che l’ingegnere che l’aveva progettata aveva sì una grande esperienza, ma nessun tipo di studio: il titolo di “ingegnere”, insomma, l’aveva conquistato in molti anni di lavoro. Alcuni sostenevano che addirittura non sapesse neppure leggere e scrivere. E questo fu il colpo di grazia finanziario, in quanto la Società Assicuratrice, basandosi proprio sul fatto che il Direttore del Cantiere non fosse qualificato, invocò la clausola contrattuale del “Fault of skill” (deficienza di capacità), cosicché la perdita finanziaria ricadde sui Cantieri.
Che fine ha fatto?
Le settimane seguenti sono un via vai di tecnici che salgono sullafiancata rimasta emersa grazie al basso fondale; si valuta un possibile recupero, ma alla fine l’unica opzione è quella di prelevare ciò che si può salvare. Quel che resta del glorioso transatlantico viene inghiottito dalla sabbia, sotto la quale è ancora oggi.
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