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Nove anni di noi, diciannove di “giornalino rosa” e tante novità in arri...
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Nove anni di noi, diciannove di “giornalino rosa” e tante novità in arri...
edizione cartacea
04 Marzo 2019 | in categoria/e edizione cartacea
#memorial - L'infanzia tra fichi, corbezzoli, gazose e sanguenin
Testimonianza di Giovanni Sale di Rapallo
I giochi sulla piazza della chiesa, il giro d’Italia con le biglie e quella natura incontaminata che era la nostra casa
Paese della mia infanzia, dei giochi all’aperto e dei primi sogni, come potrei dimenticarmi di Polanesi? Una piccola collina, affacciata sul golfo, tra ulivi, aranci , limoni e palme.
Dalle finestre della nostra casa, il panorama era stupendo: la vista si estendeva dal promontorio di Portofino, con punta Chiappa, fino al porto di Genova, con la Lanterna.
D’estate le finestre avevano le zanzariere, ma mio padre le tirava su, spalancando le persiane per far entrare quella brezza freschissima e leggera, capace di tirare su il cuore, se ce ne fosse stato bisogno. La vita di paese aveva dei ritmi particolari e si svolgeva secondo proprie modalità.
Tutto il paese era un campo da gioco
Polanesi, il nostro paese, senza l’acqua in casa, allora, che andavo ad attingere ad un rubinetto nella “creusa” vicina e d’estate ad una fonte del torrente Sonega; Polanesi con il suono delle campane prima legate e poi slegate per la Pasqua, con le fasce ed i fienili (i “baraccuin”) dove si poteva andare con la fionda a caccia di fringuelli ed a fare i salti tra il fieno profumato, dalle balle di paglia; Polanesi con il canto degli uccellini che accompagnava il risveglio mattutino, con i nidi sugli alberi, le bisce tra l’erba alta e le lucertole sui muri; Polanesi per giocare dappertutto: nella piazza della chiesa, lungo le stradine, nei sottoscala, nei cortili in mezzo alle case, perfino nei pollai ad acchiappare le galline che dopo qualche corsetta si accovacciavano calde e impaurite, anche dentro le conigliere vuote giocando a casette; Polanesi per andare a prendere il latte col secchiello, la sera, nelle ville contadine; per andare nel campetto di calcio, dove io non ho mai voluto giocare.
La gazosa al bar per sentirsi grandi
Ogni volta che, ancora oggi, lo raggiungo e lo rivedo mi batte forte il cuore: quanti cambiamenti e trasformazioni sono avvenuti con il passare degli anni, ma quanti cari ricordi! Come sembra piccolo, ora, quel piazzale con i ciottoli (poi rimossi un bel giorno, come patate da cavare) dove tutte le estati facevamo le gare con i tappi: il gioco del “giro d’Italia”, inserendo nei tappi delle bottigliette di birra, l’immagine dei ciclisti di allora (vinceva spesso Louison Bobet, oltre a Coppi e Bartali) e dando una con la punta del pollice e dell’indice una “becellata” (un colpetto) per far avanzare il tappo nel circuito, ma senza farlo uscire fuori; quel piazzale dove facevamo tra bambini le partite di “calcio-balilla” a colpi di braccio decisi e frenetici, che spedivano la pallina in porta con un colpo secco. Ricordo le prime volte nella “società”, locale-ritrovo della gente del paese, dove noi bambini per sentirci grandi potevamo sorbirci in santa pace le nostre gazose e gli asprigni chinotti; dove gli adulti giocavano a carte, alle bocce, alla “morra”…
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------------------------------ Con il #Memorial dedicato a Eugenio Ghilarducci, nostro collaboratore e storico, portiamo avanti il suo lavoro per far sì che la storia locale non vada persa.Se siete cresciuti coi racconti di guerra dei nonni o li avete vissuti di persona, se siete a conoscenza di fatti, storie curiose o della tradizione ma anche recenti, contattateci a redazione@corfole.com oppure allo 0185.938009. ---------------------------------
Le processioni, le passiere di fiori e... gli scherzi!
Come non ricordare, poi, la processione del Corpus Domini lungo le vie di tutto il paese? Per l’occasione, davanti ad ogni portone e cancello si preparavano bellissime passiere di fiori colorati, disegnando splendide immagini con i petali di rose, margherite e dalie. Aprivano la processione, subito dopo il sacerdote, le bambine ed i bambini con il vestito della Prima Comunione (per fortuna, allora, non si usava mettere ai bambini i tristi sai dei frati o la severa divisa delle monache!), al canto di “Noi vogliam Dio”. Mi vengono in mente anche gli scherzi tradizionali che si facevano in certe occasioni: al primo d’aprile “far correre” a vuoto la gente credulona dicendo che era attesa in un determinato posto per un affare inesistente; a Capodanno svegliarsi e trovare i cancelli delle ville divelti e appoggiati per terra; a Ognissanti, all’imbrunire, spaventarsi davanti ad una zucca posta sopra un muretto, scavata a forma di teschio con all’interno una candela accesa. E poi gli scherzi che noi bambini inventavamo sul momento: andare a suonare i campanelli e poi scappare; gridare: “Le beghe, le beghine” al passaggio delle pie vecchiette che si recavano in chiesa al Vespro…
Corbezzoli, fichi e sanguenin
è a Polanesi che ho imparato a conoscere, ad osservare e amare la natura. Com’era bello andare nei boschi vicini, non solo a giocare agli indiani costruendo capanne e fortini, ma anche a raccogliere le pigne secche (ricoperte di resina, la trementina) da bruciare nella stufa, a cercare i pinoli sotto ai pini domestici, che poi mio padre pazientemente avrebbe liberato dal guscio ad uno ad uno; poi a cercare i funghi “sanguinelli” (in genovese: sanguenin) da mettere sott’olio ed a raccogliere i vermigli e dolcissimi corbezzoli. Quanti fichi nei campi, che diventavano marmellata prelibata, che mia madre passava al setaccio fine per eliminare tutti i semini; e quante volte, a maggio, di sera, frotte di ragazzini, invece di andare al “mese Mariano”, di nascosto si arrampicavano sugli alberi di ciliegie, a “rubarle” ai contadini, in fretta e furia per non essere scoperti… Chissà se, ancora oggi, a Polanesi e in altri paesi liguri succedono ancora queste cose?
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