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    attualità

    di Antonino Di Bella | 05 Dicembre 2018 | in categoria/e attualita edizione cartacea

    Salvini rilancia sulle Province: una nuova occasione per quella mai nata di "Chiavari e del Tigullio”?

    Salvini rilancia sulle Province: una nuova occasione per quella mai nata di "Chiavari e del Tigullio”? 
la cartina che mostra l'area della Provincia del Tigullio e quella dei Comuni compresi

    Nel 1999 la prima proposta formale: ripercorriamo la storia di questa iniziatiava tra presunti risparmi e perdite di potere.
    -Oggi avrebbe senso realizzarla?


    Forse le Province non erano così inutili, perché facevano da Ente intermedio tra le Regioni e i Comuni. E’ in sintesi questa l’opinione espressa dal Ministro dell’Interno Matteo Salvini a fine Novembre durante un evento organizzato a Roma da Poste italiane per i sindaci dei piccoli Comuni. Secondo il Ministro proprio questi ultimi ne hanno risentito maggiormente e “sono rimasti abbandonati”. E così pone un nuovo obiettivo al Governo: rilanciare il sistema delle province, abolite come organo elettivo ma, di fatto, ancora in piedi, seppur con competenze ridimensionate in seguito alla “Riforma Delrio” dell’ex Ministro dei Trasporti e Infrastrutture.

    La riforma ha abolito le elezioni, tagliando sia il numero degli enti e solo in piccola parte i costi (dipendenti pubblici vedi semplicemente trasferiti in altri Enti), creando alcuni problemi sul territorio: le province, infatti, sono ancora titolari dell’edilizia scolastica, della tutela e valorizzazione dell’ambiente, dei trasporti e delle strade. Questo si evince anche dai numeri: da una parte infatti le province ora costano il 32% in meno, con un taglio da 5 miliardi di spese nel 2010 a 3,45 del 2015, ma al contempo gli investimenti sono crollati del 63%, passando da 1,93 miliardi del 2008 a 0,71 del 2017.
    Queste contraddizioni e poca chiarezza alla fine scaricano il peso sui comuni, specie quelli piccoli che “oggi non sono nelle condizioni di svolgere le competenze e le funzioni attualmente esercitate dalle province come, ad esempio, la manutenzione delle strade, la gestione degli edifici scolastici delle scuole superiori, i centri per l’impiego”. Ecco perché secondo il vicepremier “Una volta superate le emergenze bisognerà avere anche la forza, la buona volontà, il coraggio di rivedere un impianto istituzionale che è monco”, ma nel contratto di governo siglato dal M5s e dalla Lega, però, non è previsto nulla del genere. Chissà che, tutti insieme, non si pensi invece a ridimensionare il ruolo delle Regioni, organo molto distante e con costi della politica non proporzionati al lavoro svolto.


    Provincia di Chiavari e DEL Tigullio: cosa è accaduto in questi venti anni

    20 novembre 1999, convegno dal titolo “Il Levante nel nuovo millennio Prospettive a confronto” organizzato a Chiavari col patrocinio della Regione. La cartellina recava l’intestazione “Area Metropolitana di Genova-nuova Provincia di Genova” e conteneva la proposta di legge presentata alla Camera dei deputati dall’on. Repetto (già presidente della Provincia di Genova) e di quella presentata in Regione dall’allora consigliere Roberto Levaggi. Entrambe proponevano la nascita della provincia di Chiavari e del Tigullio. Come sappiamo non se ne fece niente. Eppure a parole erano tutti d’accordo, anche se non si nascondeva il timore che il nuovo ente o dipartimento potesse diventare l’ennesimo carrozzone. Certo l’abbuffata della creazione di nuove province negli anni ’80 e ’90 ha sicuramente minato la credibilità degli enti in questione, però oggi viene da chiedersi se, con la scusa della cattiva gestione, non si sia finiti a “buttare via il bambino con l’acqua sporca”.

    Cosa è accaduto nel Tigullio
    Tornando alla fine degli anni ‘90 cosa ha fatto arenare quella proposta politica? Nel 2014 la riforma degli enti locali con la legge Delrio ha abolito le Province e creato le Aree Metropolitane che dovevano essere solo Genova, Torino, Milano, Venezia, Bologna, Firenze, Roma, Bari e Napoli. I territori provinciali esterni alle città in questione sarebbero diventati, se non avessero accettato di unirsi ai capoluoghi, nuove province. Il Tigullio avrebbe avuto questa grossa opportunità e invece sappiamo com’è andata. Forse è mancato il classico “santo in paradiso” quando non peggio un “padrino” che invece hanno avuto altre località. In seguito, mo-dificando il nome, le Aree hanno lasciato il posto alle Città Metropolitane che nel frattempo sono lievitate a ben 14. Agli abitanti e contribuenti del Tigullio è toccata la sorte di rimanere all’interno della Città Metropolitana di Genova.
    Certo c’è stato un risparmio, almeno per quanto riguarda alcune spese, ma non è tutto oro ciò che luccica. Spesso questo disinvestimento ha infatti portato ad azzerare quasi del tutto i fondi per le necessità del territorio. Abbiamo perso qualcosa? Per prima cosa una certa autonomia e la perdita di alcuni importanti enti come il caso Tribunale che nonostante le promesse di parla-mentari e componenti dei vecchi governi, è stato accorpato a quello del Capoluogo. E venendo a questioni quotidiane, vi ricorda qualcosa la poca manutenzione delle strade e, visto che siamo in stagione, nientemeno che la carenza di sale? Inoltre si assiste ad una concreta situazione di dipendenza da altri comuni esterni alla zona nel momento di decisioni particolarmente impattanti sul territorio: cosa può interessare ai rappresentanti del comune di Tiglieto o di Isola del Cantone (tanto per fare un esempio) dove costruire il depuratore comprensoriale del Tigullio? Quello che è rimasto in zona sono invece la Curia, la Asl che sembra sempre sull’orlo dell’accorpamento, alcuni uffici pubblici finanziari, le forze dell’ordine e le sedi sindacali.

    Le Province che ce l’hanno fatta
    E’ utile ricordare che le ultime province sono state istituite nel nuovo millennio e non durante i bagordi della Prima Repubblica: infatti quella di Monza e Brianza (MB) di Fermo (FM) e la famosa BAT Barletta-Andria-Trani (BT) sono nate nel 2004. Poi, se è vero che quella di Biella è sempre stata una zona ricca, che Lecco si trova in una zona strategica tra il lago, le montagne e la Svizzera e ancora se Prato è capitale della tessitura, ci si chiede cosa può aver indotto altre zone d’Italia a candidarsi a nuovi capoluoghi: in Sardegna ad esempio Tortolì e Lanusei (con “ben” 11.081 e 5.387 abitanti) sono i due capoluogo della Provincia dell’Oliastra in Sardegna, mentre Sanluri e Villacidro con i loro rispettivi 8.462 e 14.005 capoluoghi della Provincia del Medio Campidano. Per verità bisogna aggiungere che nel febbraio 2016 la Regione Sardegna ha riordinato le province, che erano salite a otto, riducendole a quattro più l’Area Metropolitana di Cagliari.

    Rilanciare la Quinta provincia?
    Nel Tigullio difficilmente si riesce a fare squadra, ci sono stati ultimamente accordi nel settore turistico, ma l’importante è che non si tocchi l’ autonomia politica del campanile, questo sembrano dire alcune scelte amministrative. E anche le idee seppur interessanti sono state spesso cassate in nome del proprio orticello. Ora che abbiamo visto i famosi decantati risparmi fiscali svuotando il Tigullio di enti e istituzioni importanti, potrebbe avere senso riaccendere quantomeno il dibattito sulla questione. Altre zone d’Italia hanno infatti saputo mettere da parte divisioni di partito e di bottega per costruire realtà territoriali vive. Insomma, ci sono tutte le premesse per riaprire un tavolo di discussione e da queste pagine chiediamo ai nostri lettori: cosa ne pensate? Inviateci le vostre proposte, critiche e idee: saranno raccolte per un dibattito pubblico nel 2019.






     


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