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    benessere, ecologia, edizione cartacea

    di Michela De Rosa | 03 Aprile 2013 | in categoria/e attualita benessere ecologia edizione cartacea

    Decrescita Felice, questa sconosciuta: il nome è una provocazione ma non promuove la recessione, né l'impoverimento

    Decrescita Felice, questa sconosciuta: il nome è una provocazione ma non promuove la recessione, né l'impoverimento

    Nel suo recente comizio Berlusconi ha chiesto “Ma come si fa a parlare di Decrescita Felice? Quante persone contente di impoverirsi avete mai visto?” Queste parole ci hanno fatto capire quanta poca e mala informazione c'è su questo tema

    La decrescita non è la riduzione quantitativa del prodotto interno lordo. Non è la recessione. E non si identifica nemmeno con la riduzione volontaria dei consumi. La decrescita è la comprensione del fatto che sprechiamo il nostro tempo a fare di tutto per guadagnare soldi che ci serviranno ad acquistare COSE fondamentalmente inutili. E’ la lucidità di dire a se stessi «non voglio passare buona parte della mia vita a lavorare per guadagnare il denaro necessario a comprare questa cosa». La decrescita non è una mera critica alle assurdità di un’economia fondata solo sulla crescita della produzione di MERCI, ma propone un’alternativa basata sulla qualità piuttosto che quantità. La crescita della produzione di cibo che poi si butta, della benzina che si spreca nelle code automobilistiche, dell’ennesimo paio di scarpe che si indosserà una volta, dell’ennesimo giocattolo o vestito o gingillo che finirà presto nel dimenticatoio comporta sì una crescita del  Prodotto Interno Lordo (PIL), ma non del benessere né della qualità della vita. Per questo da qualche anno si parla di FIL Felicità Interna Lorda, come strumento di misura da affiancare al PIL. La decrescita si propone di ridurre il consumo INUTILE delle MERCI, come ad esempio anche gli sprechi di energia in edifici mal coibentati. Al contempo propone di fare acquisti il più localmente possibile e di ridurre il consumo delle merci che si possono sostituire con beni autoprodotti ogni qual volta ciò comporti un miglioramento qualitativo e una riduzione dell’inquinamento, del consumo di risorse, dei rifiuti e dei costi. Per esempio, il pane o le torte o le conserve, ma anche i detersivi naturali fatti in casa (n.d.r. su CORFOLINO3 trovate uno speciale con le ricette per realizzarli!). L’obiettivo non è il meno, ma il meno quando è meglio. In un sistema economico finalizzato al più anche quando è peggio, la decrescita costituisce l’elemento fondante di un cambiamento culturale, di un diverso sistema di valori, di una diversa concezione del mondo. È una rivoluzione dolce finalizzata a sviluppare le innovazioni tecnologiche che diminuiscono il consumo delle risorse, l’inquinamento e le quantità di rifiuti. Non solo, è un approccio alla vita votato a instaurare rapporti umani che privilegino la collaborazione invece della competizione; a definire un sistema di valori in cui le relazioni affettive prevalgono sul possesso di cose (meno giochi ma  più tempo con mamma e papà; meno vestiti griffati ma più tempo con gli amici); a promuovere una politica che valorizzi i beni comuni, l’ambiente e la partecipazione delle persone alla gestione della cosa pubblica.

    ESEMPI DI LAVORO E DECRESCITA
    Un esempio per capire che la Decrescita è a favore della crescita purché perseguita in un modo sostenibile sono le iniziative a favore degli artigiani, specie quelli che si dedicano alla riparazione, al riciclo e al riuso. Sul sito si possono consultare e segnalare questi ‘professionisti della decrescita’: l’iniziativa nasce come strumento utile a combattere l’obsolescenza degli oggetti e il sistema consumistico che ne sta alla base e che esige una crescita illimitata. Si vuole  inoltre favorire la diffusione del ”saper fare”.

    La decrescita descritta da Maurizio Pallante
    “La decrescita è elogio, della lentezza e della durata; rispetto del passato; consapevolezza che non c’è progresso senza conservazione; indifferenza alle mode e all’effimero; attingere al sapere della tradizione; non identificare il nuovo col meglio, il vecchio col sorpassato, la conservazione con la chiusura mentale; non chiamare consumatori gli acquirenti, perché lo scopo dell’acquistare non è il consumo ma l’uso; distinguere la qualità dalla quantità; desiderare la gioia e non il divertimento; valorizzare la dimensione spirituale e affettiva; collaborare invece di competere; sostituire il fare finalizzato a fare sempre di più con un fare bene finalizzato alla soddisfazione. La decrescita è la possibilità di realizzare un nuovo Rinascimento, che liberi le persone dal ruolo di strumenti della crescita economica e ri-collochi l’economia nel suo ruolo di gestione della casa comune a tutte le specie viventi in modo che tutti i suoi inquilini possano viverci al meglio. “

    Tratto da CORFOLE! del 4/2013, con 25.000 copie gratuite: la testata più diffusa del Levante © Riproduzione vietata


     


    I commenti dei lettori
    Antonio Lupo:

    Evviva la Decrescita
    Cari amici, mi complimento con l’articolo di Michela sulla Decrescita felice. Vorrei aggiungere che, in un periodo non transitorio di forte disoccupazione, soprattutto giovanile, i piccoli contadini di tutto il mondo, che si ispirano all’Agroecologia, definiscono l’attuale agricoltura industriale: “Agricoltura petrolifera senza contadini”, cioè dipendente dall’uso di strumenti a base di petrolio (trattori, OGM, pesticidi, ecc), da pagare in anticipo indebitandosi, senza dare lavoro. Nella grave e irreversibile crisi della produzione industriale di merci voluttuarie, anche in Fontanabuona, ritengo che la vera e concreta prospettiva sia un ritorno dei giovani a lavori nel settore primario e nell’artigianato, una decrescita, più o meno felice, ma certamente concreta e non disperata.
    Antonio Lupo, Comitato Amigos Sem Terra Italia - Acqua Pubblica Bene Comune Tigullio


    Umberto Venturini:

    Quando per spiegare il significato di 2 oarole (per altro inequivocabili) ci vuole mezza pagina di giornale, qualcosa non va. O quelle 2 parole sono proprio inadatte o si vuole surrettiziamente alterarne l'evidente significato.


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