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edizione cartacea
di Giansandro Rosasco | 01 Febbraio 2009 | in categoria/e aiuola edizione cartacea
L'AIUOLA (di Giansandro Rosasco) - Ruote quadrate
di Giansandro Rosasco
In questi giorni si parla in tutto il mondo di crisi dell’auto, un mercato che ha sempre goduto di particolari agevolazioni. Ma qualcosa sta cambiando anche lì. L'avvio all’epoca della responsabilità annunciata dal nuovo Presidente democratico Barack Obama inizia concretizzarsi a novembre 2008 quando i grandi capi di General Motors, Ford e Chrysler chiedono un incontro al Congresso americano per ottenere aiuti economici. Si aspettavano la consueta “mancia” di qualche miliardo di dollari spremuto ai contribuenti, ma Richard Shelby Senatore repubblicano li spiazza: “i vertici delle case automobilistiche americane non hanno un modello alternativo a quello attuale che è fallimentare. Se ne devono andare e la cosa migliore è la bancarotta”. Sguardi di sgomento e incredulità si aggirano tra i signori delle quattro ruote. Ma la botta finale arriva da Mitt Romney, altro repubblicano, che aggiunge impietoso “Alzi la mano chi è venuto a Washington con un volo di linea... nessuno. Quindi io dovrei sovvenzionare tre persone che vengono a chiedere aiuti economici allo Stato arrivando ognuno con il suo aereo privato?” Silenzio. Testa bassa e coda tra le gambe. Ma la crisi si aggrava e i tre, diventati la barzelletta e l'indignazione d'America, tornano alla carica affrontando il viaggio in auto e mangiando nei fast food come ogni comune mortale. Arrivano davanti ai reporter, chiedono scusa al popolo americano e ammettono il loro sbaglio e la necessità di rivedere i propri comportamenti. Alan Mulally, numero uno di Ford, si riduce lo stipendio a 1 dollaro promettendo tagli ai benefit dei dirigenti e insieme alle altre due corporation danno la disponibilità ad un controllo statale sui conti. Attualmente i fondi non sono ancora stati stanziati, il Congresso ha chiesto tempo per riflettere: “Così avremo modo di verificare se userete l’auto anche per tornare a Detroit”. In Italia dopo aver importato fast-food, pin up e chewin gum attendiamo ora di importare anche un po' di sano buon senso.
I commenti dei lettori
Rachele:
Bene, ho compreso che siamo d'accordo e che la divergenza si stabilisce su un unico punto: il metodo per uscire dalla situazione attuale. Lei è per proseguire con i sostegni senza tentennamenti, io sono per proseguire con i sostegni dopo aver messo dei paletti piuttosto forti. Il primo è un messaggio morale, forte e chiaro, ossia "non puoi sbagliare, mandare in rovina centinaia di migliaia di famiglie e venire a chiedere i soldi della gente (di quelle stesse famiglie!) continuando a fare il nababbo". Non puoi. Punto.
Questo deve essere compreso. E non solo in questo specifico caso. L'obiettivo non è "punire" questi sognori o queste aziende in particolare, ma iniziare a mortificare un modo di fare, di pensare, di essere, che è stato ritenuto vincente e che ci sta portanto alla catastrofe umana ed economica. Segnali come questi sono dei piccoli grandi STOP per fermare tutto e iniziare a creare un circolo virtuoso fondato su idee, strategie e modalità di business diverse. Non è ideologia, è concretezza.
Se il Governo avesse sostenuto immediatamente la crisi come ha sempre fatto, la catena sarebbe ancora intatta. Invece ora c'è più che un'incrinatura. Lei lo vede come segno di preoccupazione per quelle famiglie, io lo vedo come segnale di cambiamento per tutti, comprese quelle famiglie.
cordialità
rachele:
Gentile sig. Brizzolara, io ho invece apprezzato molto il pezzo di Rosasco. Comprendo in tutta la sua gravità il rischio dei posti di lavoro, ma occorrono dei segnali forti da dare a questi manager (perché non si tratta di imprenditori) per fargli capire che meritare lo stipendio non significa fare alzare le quotazioni in borsa, bensì far funzionare un'impresa. Due obiettivi molto ma molto differenti. La logica attuale è "aumento il valore finanziario dell'azienda così aumentano le MIE finanze". CHi se ne importa se per fare questo devo licenziare, tagliare, non investire etc. Obiettivi sempre più a breve termine perché a un manager, al contrario di un imprenditore, non interessa far vivere l'azienda, ma ottenere il maggior guadagno nel minore tempo possibile. E questo è il DISASTRO PRIMARIO CHE ABBIAMO IMPORTANTO DAGLI USA. Noi, il Paese per eccellenza dell'impresa nel vero senso della parola.
Quindi quanto accaduto con le case automobilistiche americane non deve essere visto come demagogia pura o come un banale gesto di populismo, bensì come segnale forte, concreto, indiscutibile che le persone, la società, il mondo ha capito che quella è la direzione sbagliata e che va cambiata. Questo è il senso da cogliere.
Inoltre, non so lei, ma io rimango basita davanti alla faccia tosta dei vertici FIAT che dopo averci chiesto (a me, a lei, a tutti) per decenni di AIUTARLI spremendoci MILIARDi di Euro, solo l'anno scorso erano lì su tutte le tv, in tutti i simposi, a prendersi i MERITI del grande rilancio, del grande risanamento. Ci hanno detto grazie? Ci hanno ridato un solo centesimo? NO. Si sono presi i soldi, i meriti, gli applausi, i bonus e tutto il resto. E ora sono qui a richiedere i soldi per AIUTARLI. Ma lei si rende conto?
Massimo Brizzolara:
Gent.le sig.ra Rachele
La ringrazio per la sua intelligente ed articolata critica. Ma penso che le nostre posizioni ,siano in realtà più vicine di quanto possa sembrare in apparenza.
Dopo questa doverosa premessa mi consenta alcune precisazioni.
1) La sua differenzazione tra manager e imprenditore è sacrosanta, ma esiste ancora ( nella grande impresa intendo) l'imprenditore puro?
2) Ha perfettamente ragione, questo mondo di carta, finanza creativa e Borsa, sta arrivando tragicamente al capolinea. Ed è giusto così. Ma da questo disastro si esce solo con la Politica, volutamente scritta con la maiuscola. Non con gli astratti dogmi degli economisti.
3) Quando afferma che questa società sta andando nella direzione sbagliata, con me sfonda una porta aperta. Ma allora bisogna riidiscutere tutto il modello di vita occidentale.E quando il 20% della popolazione consuma l' '80% delle risorse dell'intero pianeta, non basta prendere il treno da Detroit a Washington, occultando l'aereo personale nell'hangar.
4) Stiamo andando verso una emergenza economica spaventosa e dai contorni non ancora ben definiti. Ecco perchè ritengo indispensabile salvare il tessuto produttivo.
Al riguardo ricordo quanto sosteneva paradossalmente un mio vecchio professore d'economia : " se ce l'avete con un imprenditore, impiccatelo. Ma non danneggiate l'azienda, perchè è un bene comune."
Ecco perchè ritengp che in questa particolare congiuntura, bisogna tollerare un male per impedirne uno più grande.
4) Sulla questione FIAT è lapalissiano che lei ha ragione. Ma mi permetta sull'argomento una insolita analogia. Molti anni orsono il lago delle Lame venne temporaneamente prosciugato. Ebbene molte sorgenti anche a notevole distanza, inaridirono. Svelando così agli increduli valligiani ,da dove attingevano l'acqua.
Bisogna tenerne conto.
Un cordiale saluto
Massimo Brizzolara
Massimo Brizzolara:
Gent.le sig. Rosasco
Premetto che sostanzialmente concordo con quanto scrive. Ma siccome un commento ha un senso solo se è "critico", mi consenta di fare nell''occasione l'avvocato del diavolo. E' inconfutabile che il modello dell'industria automobilistica mondiale sia obsoleto.
Fra una trentina d'anni, l'auto come la conosciamo oggi non esisterà più. Investire dunque ingentissime risorse pubbliche a sostegno del settore , non è una operazione economicamente lungimirante. Ha ragione quindi Richard Shelby. Ma parla da economista e non da politico. Il problema è che prende lo stipendio dal Senato Americano e non dalla McCombs School of Business del Texas.
Nella sua posizione dovrebbe comprendere che lasciare l'industria automobilistica al suo destino, significa mettere fuori dal mondo del lavoro centinaia di migliaia di lavoratori. Questione che può essere subordinata al "mercato" dagli economisti, ma che dovrebbe togliere il sonno ad un politico degno di questo nome.
Ma per par condicio non risparmio critiche neppure all'altro senatore Mitt Romney.
Io ho sempre lavorato nel settore privato. Le posso assicurare che gli imprenditori ( in questo caso quelli nostrani) sono sempre molto attenti a tenere separati il bilancio aziendale dal patrimonio personale. Anche quando si tratta di comprare una lampadina.
Per cui la presa di posizione di Romney è demagogia alla stato puro, Come quella del numero uno della Ford che si riduce lo stipendio a 1 dollaro. Il populismo genera altro populismo.
Ma per tornare alle cose dell'italico stivale , le confermo che in questa disastrosa congiuntura mondiale non trovo scandaloso, studiare una qualche formula di sovvenzione ai comparti produttivi in maggior difficoltà.
Altro e ben più grave errore è stato consentire per decenni all'industria automobilistica italiana di privatizzare i profitti e socializzare le perdite.
Detto questo è innegabile che dagli States importiamo purtroppo, solo le schifezze...
Un cordiale saluto
Massimo Brizzolara
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