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05 Maggio 2025 | in categoria/e edizione cartacea
Rodolfo Valentino, l'agronomo del Marsano di Genova che divenne una star
di Michela De Rosa-
Da ragazzino veniva preso in giro perché considerato “bruttarello“, acquistò fascino grazie a intelligenza, studio, al tango e alle rose
Scartato dalla Marina per insufficienza toracica, il più grande divo del cinema si diplomò in agraria all'Accademia Reale dell’Agricoltura di Sant’Ilario, l’attuale Istituto Professionale Marsano
Di una bellezza considerata straordinaria, era dotato di un fascino magnetico e ambiguo che lo consegnerà alla leggenda. “Era indolente, bello, ben fatto. Dovunque andasse, le sirene dei poliziotti lo precedevano: le vie erano ingombre di visi isterici, mani dimenanti, occhi folli...”: così lo scrittore Dos Passos descrive Rodolfo Valentino, uno dei primi e più grandi divi di Hollywood; acclamato e venerato come un Dio per la sua bellezza, fu anche il primo “latin lover”. Eppure, questa star mondiale era nata in un paese della Puglia ed era un agronomo, diplomato al Marsano. E per un certo periodo fu preso in giro in quanto cosiderato “bruttarello”. Ecco l’incredibile vita di una delle più grandi stelle del cinema.
Nacque il 6 maggio 1895, forse di origine nobile
Rodolfo Pier Filiberto Raffaello Guglielmi, in arte Rudolph Valentino, nacque a Castellaneta (Taranto) il 6 maggio 1895 da Giovanni Guglielmi, dottore in veterinaria ed ex capitano di cavalleria e dalla gentil donna Maria Berta Gabriella Barbin, figlia di un medico francese e dama di compagnia della marchesa Giovinazzi.
I tanti nomi si devono a una ipotetica origine nobile di cui era convinto il padre, appassionato di araldica. Il cognome Valentino deriva infatti dal casato “di Valentina d’Antonguolla” che fondeva un vecchio titolo papale con diritti di proprietà rivendicati dai Guglielmi sui terreni confiscati vicino a Martina Franca, luogo d’origine della famiglia. Aveva undici anni quando morì il padre e fu inviato al “Collegio per gli orfani sanitari italiani” a Perugia, dove fu spesso preso in giro per l’accentuata forma a punta delle sue orecchie e considerato “bruttarello”. Dal collegio fu radiato a causa della sua indisciplina. Tentò allora di entrare nell’Accademia di Marina a Venezia, ma fu dichiarato inabile al servizio per insufficienza toracica e scarsità visiva; nel 1911, all’età di sedici anni venne mandato dalla famiglia a studiare all’Accademia Reale dell’Agricoltura di Sant’Ilario, l’attuale Istituto Professionale Marsano con l’opportunità di imparare un mestiere utile nella realtà dell’Italia agricola del tempo.
Allievo della “Scuola Pratica di Agricoltura B. Marsano”
Visse quindi a Genova dal novembre 1910 al l’ottobre 1912 quando conseguì la licenza di “agente rurale”. I documenti dicono che fu allievo esemplare con ottimi voti, anche se vivace e particolarmente soggetto al fascino femminile.
Dai locali veniva chiamato “il calabrese”.
Si mise presto in evidenza per gli atteggiamenti anticonformisti, per la grande proprietà di linguaggio e intelligenza: eccelleva non solo nella materia agraria, ma anche nelle lingue straniere, che hanno reso possibile il suo incredibile successo. Al Marsano sono ancora qui custodite le sue pagelle e i suoi temi - salvati dal macero da un custode - che mostrano una grafia dai tratti elegantissimi e pensieri densi di una sensibilità non comune. In uno di questi, il giovane allievo riassume con stile giornalistico una visita al museo coloniale del porto di Genova, nell’ambito dell’Esposizione Nazionale del 1912. In altri, descrive con precisione come invasare una pianta, come potarla, in che modo concimare la terra e la tecnica più raffinata per la coltivazione delle rose. Si diplomò nel 1912, a diciassette anni.
Testimoni raccontano che dieci anni dopo, nel 1922, tornando da Parigi per imbarcarsi a Genova, fece visita agli amici di Sant’Ilario che non potevano credere ai loro occhi quando lo videro scendere da una potente ed enorme auto americana che a stento passava dalle strette curve che conducono alla località collinare.
Ballerino di tango a Parigi
Una volta diplomato, Rodolfo non aveva alcuna intenzione di tornare in Puglia per dedicarsi all’agricoltura. Volle allora andare a Parigi dove apprese l’arte del tango e partecipò attivamente alla vita mondana. Spesi tutti i soldi che aveva portato con sè, fu costretto a tornare a casa con l’aiuto della madre.
Cercò fortuna in America facendo il giardiniere
«l’Italia è troppo piccola per me» disse a suo fratello Alberto, e nel dicembre 1913 s’imbarcò sul piroscafo tedesco “Cleveland”, diretto in America. Nei primi due anni sopravvisse lavorando come cameriere e giardiniere, utilizzando appunto la licenza di agraria. Grazie a un amico italiano che gli regalò un tight, si presentò al night club Maxim, dove riuscì a fare una buona impressione e venne immediatamente assunto come taxi dancer, ovvero come partner a pagamento per balli di coppia. Con le cospicue mance delle signore riuscì a superare il periodo di ristrettezza economica. Nel frattempo ebbe una relazione con una nota ballerina, da cui fu ingaggiato per 50 dollari alla settimana. In seguito fece coppia con un’altra ballerina, con la quale lavorò per sei mesi. Dopo queste esperienze, si trasferì a San Francisco, dove entrò in una compagnia teatrale di operetta; qui incontrò una vecchia conoscenza che lo convinse a trasferirsi a Hollywood. Si può dire che da questo consiglio nacque il mito.
L’arrivo a Hollywood
Qui girò una serie di film di secondo piano da comparsa, prima di interpretare il film che gli diede il successo: I quattro cavalieri dell’Apocalisse (The Four Horsemen of the Apocalypse, 1921). Altri suoi film importanti furono Lo sceicco (1921), Sangue e arena (1922), Aquila nera (1925) e Il figlio dello sceicco che uscì nelle sale il 6 settembre 1926, pochi giorni dopo la sua morte, scatenando scene d’isteria collettiva che non hanno più avuto uguali nella storia del cinema. Rodolfo Valentino non era solo bello ma anche brillante. Una volta scioperò contro i produttori e rischiò il lastrico. Poi si unì alla compagnia “United Artists” fondata da Chaplin, per lavorare in piena indipendenza.
Marilyn Monroe con un poster di Rodolfo Valentino e sotto l'attore con Charlie Chaplin
Tutti volevano tutto “alla Valentino”
Aveva un volto intenso ed espressivo, la pelle ambrata, un aspetto esotico e un sex appeal che sconvolgeva le americane. Col tipico gusto italiano, aveva un’eleganza ricercata. Valentino, come lo chiamavano le sue fan in delirio, dettava la moda: tutti volevano gli abiti alla Valentino, i capelli alla Valentino, gli stivali alla Valentino e, sopra ogni cosa, lo sguardo alla Valentino.
“Italiano ruba donne”
Nonostante l’ineguagliabile successo negli Stati Uniti, non avviò mai le pratiche per la naturalizzazione, conservando la nazionalità italiana. Venne sempre considerato “l’amante latino” per eccellenza ma si sposò due volte e furono matrimoni sfortunati.. Da alcune biografie di suoi colleghi che lo avevano frequentato emerge un ragazzo mite e gentile, amante dell’equitazione, del mare, degli animali. Eppure, la stampa degli Stati Uniti si accanì contro lo “straniero” che rubava i cuori delle donne americane mettendo a repentaglio la mascolinità dell’uomo americano. Accusato di essere un comune dandy effeminato, venne insultato da un giornalista del Chicago Tribune che lo apostrofò «piumino per cipria rosa». L’articolo mandò su tutte le furie Valentino che sfidò il giornalista ad un incontro di pugilato per provare la propria mascolinità. La sfida non venne raccolta dal giornalista, ma accolta da un altro, appassionato di pugilato. La sfida si svolse sul tetto del New York’s Ambassador Hotel e si concluse con la vittoria di Valentino. Jack Dempsey, campione di pesi massimi e istruttore di pugilato di Valentino, disse di lui: «Era il più virile e mascolino degli uomini. Le donne erano attratte a lui come moscerini al miele. Ovunque andasse non riusciva a scrollarsele di dosso. Un uomo adorabile e fortunato».
Il rientro in Puglia
Ritornò a Castellaneta una sola volta nel 1923: ormai attore famoso, trovò la natìa Puglia ”povera e arretrata”. Anche per questo motivo, a differenza che altrove, nessuno gli tributò onori e omaggi: per i compaesani era quasi uno sconosciuto perché chi poteva permettersi di andare al cinema?
La mega villa “nido di falco” e... i mega debiti
Arrivato al culmine del suo successo, Rodolfo Valentino comprò una sfarzosa villa sulla collina di Beverly Hills e la battezzò “Nido del falco”. Arredata sfarzosamente, era circondata da un parco di circa sei ettari dove Valentino andava a cavallo. Poté viverci solo un anno, fino alla sua morte; in seguito fu messa all’asta assieme al suo mobilio per pagare i debiti che ammontavano al triplo dei suoi possedimenti.La villa cambiò molti proprietari fino al 2006, anno della sua demolizione.
La morte precoce e i deliri al suo funerale
La sua morte è avvolta nel mistero, come per tutti i miti. C’è chi parla di un marito geloso e chi, come lo scrittore Maggiani, sostiene che sarebbe morto per una malattia venerea contratta in un bordello del Centro Storico di Genova. Quel che è certo è che si spense a soli trentuno anni al Polyclinic Hospital di New York, dov’era stato ricoverato per un malore dovuto ad un’ulcera gastrica e ad un’infiammazione dell’appendice. Colpito da un attacco di peritonite e sottoposto ad intervento chirurgico, tutto si rivelò inutile eil 23 agosto 1926 Valentino morì. Furono organizzati due cortei funebri, uno a New York, l’altro a Hollywood e vi parteciparono decine di migliaia di persone. Si registrarono scene di isteria e fanatismo, oltre che una trentina di suicidi. Le sue spoglie furono sepolte nel Mausoleo della Cattedrale all’Hollywood Memorial Park (ora Hollywood Forever Cemetery) di Los Angeles, California. Fino al 1960, una misteriosa donna velata di nero, continuò a portare dei fiori sulla sua tomba. Il mistero ha lanciato una sorta di tradizione, ancora viva adesso, che vede parecchie figure femminili velate di nero portare fiori sulla tomba. La famiglia Guglielmi, ribattezzatasi Valentino, vive a Los Angeles, è molto devota alla memoria del prozio e fa celebrare una messa ogni anniversario della morte.
Chirurgia plastica al fratello per trasformarlo nel sosia
Oggetto di odio e amore, lasciò un vuoto e si tentò disperatamente di trovare un sostituto. Fu chiamato dall’Italia il fratello, cui si inflissero diversi interventi di chirurgia plastica per farlo somigliare a Rudy, ma non si venne a capo di nulla.
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