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edizione cartacea
31 Marzo 2025 | in categoria/e edizione cartacea
TRUFFA DEL CARABINIERE: come funziona, cosa fare
Con una telefonata fanno credere che vostro figlio o nipote sia nei guai seri e che per salvarlo occorra un’ingente somma di denaro
- di Michela De Rosa
Ormai non passa giorno senza sentire la notizia di un caso di truffa, specialmente verso gli anziani. Ci sono vere e proprie bande che agiscono in tutta Italia, sfruttando la loro vulnerabilità e la solitudine. Dopo quella del finti operatori del gas, da qualche anno imperversa la truffa del Carabiniere, del maresciallo o dell’avvocato, con la quale si millanta un grave pericolo per figli o nipoti: può essere un incidente o un grave debito, ma la soluzione è sempre la stessa:pagare.
Perché si chiama così
Il piano prevede una telefonata, in cui un falso carabiniere o poliziotto o avvocato comunica alla vittima che un suo familiare ha causato un grave incidente stradale o qualsiasi altra situazione grave e quindi è in stato di fermo, rischiando il carcere e la vita rovinata. Attenzione: questi truffatori riescono a modificare l’intestazione del proprio telefono, facendo apparire il nome di una Caserma di zona, così la vittima pensa di parlare davvero con i carabinieri. Per evitare l’arresto, occorre pagare “la cauzione” o “l’avvocato” con ingenti somme di denaro o in alternativa gioielli. Successivamente, un complice si presenta a casa della vittima per raccogliere il bottino, sfruttando lo stato di ansia e confusione generato dalla finta emergenza.
Dai centralinisti agli esattori: ecco come agiscono
Si tratta di vere organizzazioni, con strutture e compiti precisi. Al vertice ci sono gli ideatori: sono quelli che mettono insieme la banda e organizzano dove colpire. A questo punto, si attivano i centralinisti: si attaccano al telefono da una qualsiasi regione d’Italia, battendo a tappeto il territorio scelto con decine di chiamate fino a quando una vittima non cade nel tranello. Appena capiscono di aver colto nel segno, mettono in atto tutte le tecniche (V. di seguito) per manipolare la vittima e generare agitazione, ansia, paura e senso di emergenza. Una volta che la vittima è in pugno e si dichiara pronta a pagare “per salvare il proprio caro”, partono gli esattori, che sono già posizionati sul territorio, pronti a recarsi nelle case a prelevare il bottino. Ci sono poi altre figure che si occupano del procacciamento di sim telefoniche intestate a persone ignare, del noleggio di autoveicoli, della ricettazione dei preziosi, del reclutamento di “manodopera” occasionale e altro.
Giocano con la nostra psiche
Da una parte viene da chiedersi com’è possibile credere a una situazione del genere, al fatto che un rappresentante delle forze dell’ordine, un avvocato o chicchessia possa chiedere denaro o gioielli per far evitare il carcere o “guai” a un nostro caro. La risposta è semplice: come abbiamo visto i truffatori sanno fare bene i truffatori. Conoscono la psiche umana, i punti deboli, la comunicazione persuasiva, sanno come metterci in allarme, come farci sentire con le spalle al muro e credere che il nostro mondo stia per crollare. Conoscono l’effetto che certe parole (arresti, guai seri, vita rovinata, etc) e certi ruoli (carabinieri, polizia, avvocato, direttore di, etc.) hanno sulle persone, in particolar modo quelle anziane.
E allora difendiamoci
Fortunatamente, la comunicazione funziona anche come difesa. Conoscere questi meccanismi ci permette di farci trovare preparati e quindi di reagire invece di soccombrere. Grazie all’informazione, sempre più persone non solo non cadono vittime, ma si attivano per consegnare i truffatori alla giustizia. Quindi se dovesse arrivarvi la “famigerata telefonata”, fate finta di cascarci e appena riappendete chiamate il 112: così sarete voi a mettere i truffatori nel sacco.
Il caso a Carasco
“Un cittadino è caduto vittima del raggiro, ma appena ha capito cos’era successo, si è affacciato alla finestra, ha preso il numero della targa e ci ha chiamati: grazie a questa prontezza li abbiamo arrestati e ha riavuto i suoi soldi”
Vi sono due aspetti importanti per combattere questo reato che mira a colpire le persone anziane: la prevenzione e la repressione. Come prevenzione, oltre alla divulgazione di opuscoli informativi e incontri nei luoghi di aggregazione, ne parliamo in ogni occasione, anche quando una persona anziana si reca in caserma per qualsiasi motivo. Organizziamo anche incontri durante i tornei di bocce.
Per la repressione di questi reati è importantissima la segnalazione immediata, anche quando la truffa non è riuscita. Questi malviventi prendono infatti di mira una determinata zona in un determinato periodo del giorno, bombardando di telefonate “a tappeto”; se il cittadino ci segnala la telefonata, viene immediatamente incrementata la vigilanza in quella zona.
Capita invece che le vittime, una volta subita la truffa, non ci informano di quello che è successo; a volte proprio non dicono nulla a nessuno, un po' per vergogna, un po' per non sentirsi rimproverati dai parenti. E una volta realizzato quello che è successo, hanno un crollo psicologico, rimangono frastornate, impaurite, disorientate e vi è il pericolo che si chiudano in sé stesse, compromettendo la propria autonomia e socializzazione.
Altre volte capita che a chiamarci sia un parente; è già successo che la persona anziana abbia subito la truffa al mattino e lo comunichi al figlio quando va a trovarla alla sera. In questi casi le indagini, rivolte sia all’individuazione degli autori sia al recupero della refurtiva (spesso anche di valore affettivo, in quanto parliamo di gioielli di famiglia), diventano più complicate. è sempre comunque importante segnalare anche a distanza di tempo questi reati: spesso le indagini svolte simultaneamente incrociando vari fatti, consentono l’individuazione di tutto l’impianto organizzativo della banda criminale.
Abbiamo comunque constatato che ultimamente, probabilmente proprio grazie anche al “bombardamento mediatico” su questo fenomeno, le persone anziane cadono più difficilmente in questi tranelli. Inoltre, stanno acquisendo il concetto della cosiddetta “sicurezza partecipata” utile a prevenire reati e a promuovere l’indispensabile collaborazione con noi, che siamo impegnati a contrastarli: aiutateci ad aiutarvi.
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