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    edizione cartacea

    30 Marzo 2025 | in categoria/e edizione cartacea

    MIKE FC: "CANTO IN GENOVESE PER NON FARE LA FINE DEGLI INDIANI D'AMERICA"

    MIKE FC: "CANTO IN GENOVESE PER NON FARE LA FINE DEGLI INDIANI D'AMERICA"

    Scrive rap in dialetto e ”interroga” la gente per strada

    Ha conquistato la rete rendendo “cool” la nostra lingua

    - di Andrea Carugati

    Forse vi sarà capitato di incontrarlo, magari a Chiavari, dove è stato poco tempo fa per registrare una puntata del suo show su YouTube. Impossibile non notarlo, visto che gira con un microfono in mano e un vistoso cartello con scritto “Dimmi qualcosa in genovese”.
    Mike Fc, all’anagrafe Michele Ferroni, ha una vera passione per la nostra lingua, che usa anche per scrivere canzoni rap. Un indizio su questo strano mix tra musica rap e  tradizione ce lo dà proprio il suo nome d’arte, Mike Fc, dove FC sta per “From Campomorone”!
    “Ho iniziato a fare rap da ragazzino - racconta-, poi mi sono detto: perché non provare a scriverle in genovese? Me ne sono innamorato e sono andato avanti su questa strada. Ho voluto così anche sfatare il mito che vuole che il genovese non lo parli più nessuno, tantomeno i giovani”.

    Sei un cantante, un influencer o un artista?
    Un essere umano, innanzi tutto. Mi piacerebbe definirmi con ciò che sono e non con quello che faccio. Dovendo scegliere, sarebbe cantautore, però anche creatore multimediale, diciamo”.

     



    Come vieni accolto dalla gente quando ti vede in giro con quel cartello indosso?
    Solitamente bene. Certo, magari qualcuno non è immediatamente propenso a interagire con uno sconosciuto, ma quando si aprono un po’, scopri che hanno dei mondi e il piacere di raccontarli. È anche molto interessante capire le differenze tra le varie zone, l’atteggiamento spesso cambia da quartiere a quartiere.

    E cosa hai scoperto?
    Che siamo in una fase delicata. Persone che parlano genovese ce ne sono tante, ma per qualche ragione si è diffusa l’idea che sia una lingua ormai morta, il che non invoglia ad impararla. Se non si cambia, sarà difficile salvarlo.



    Come si salva una lingua?
    Facendola tornare di moda. Facendo capire che non è per vecchietti, ma una lingua viva e “cool”. è fondamentale ed è quello che sto provando a fare. Poi certo, insegnarlo nelle scuole; ma prima occorre che ai giovani venga voglia di parlarlo e quindi ci vorrebbe un canale YouTube fatto bene per insegnarlo a chiunque, anche a chi viene da fuori. E poi un festival dedicato alla nostra cultura, con prodotti tipici, concerti e teatro. Portare il genovese allo stadio e ad eventi di caratura nazionale”.

    Eppure la tradizione della canzone ligure è molto importante
    Il primo nome cui si pensa è quello di Fabrizio DeAndré, che è riuscito, con grande eleganza e con musiche meravigliose a fare conoscere la nostra lingua in tutta Italia. “Creuza de mä” è un capolavoro senza confini. Ma non solo lui. Mi rifaccio al grandissimo Giuseppe Mazzari, a Piero Parodi e Bruno Lauzi che ha fatto cose bellissime come “Acontentase”, “O frigideiro”, “A bertoela”.

    Come è nata questa passione per il genovese e come mai ci mette tutto questo impegno?
    Lo usava molto la famiglia della mia mamma. Lo sentivo tra i parenti, la nonna, la zia. Mia madre con me parlava in italiano, ma con suo fratello parlava in genovese. Mi ha sempre affascinato e mi sembrava una lingua segreta, da grandi. Ho iniziato poi a praticarlo e approfondirlo verso i vent’anni, ora ne ho trentasei e da almeno dodici mi ci dedico tutti i giorni. E poi mi è accaduta una cosa che mi ha colpito davvero molto.

    Perché, cosa è accaduto?
    Tempo fa sono andato ad ascoltare un cantante nativo americano, bravissimo, che però cantava in inglese, e quando gli ho chiesto il perché di quella scelta mi ha raccontato con amarezza che lo faceva perché la sua lingua non esiste più e si è persa nel tempo. Ho provato dolore, è stato toccante e mi sono sentito ancora più in dovere di difendere la mia. La lingua viaggia di pari passo con quella che è la cultura di una zona e il legame che le genti hanno con quel territorio. I dialetti, le lingue locali, ci identificano e ci rendono più consapevoli di ciò che siamo e perché lo siamo. Dalla lingua locale si capisce perché un luogo è fatto in un certo modo o perché le persone che ci vivono ragionano in un certo modo. Sono indicazioni fondamentali. In più permette di ampliare la nostra capacità comunicativa: con ogni lingua si comunica su livelli differenti. Ci sono  parole dialettali che vanno bel oltre il significato specifico e  modi di dire che contengono un mondo. Non perdiamolo.

     

    “Luxe inti euggi”

    Tutti nascemmo con in na luxe, a goidda o cammin pe questi sente, a l’e quella scintilla, no fala muì, no fala asmortà da nisciun. A luxe dentro ai toe euggi, no fala asmortà da nisciun, manco da tie… De votte me fermo, penso a quanto tempo passo co i euggi in sce ‘n schermo, penso, che penso troppo, daggo voxe ai pensieri, sedunca sccioppo. Semmo ommi e donne, figgieu e figgette, personne... con sentimenti, speranse, facce sorridenti, o con coae de cianse. Vitte che de votte no van comme t'oriesci, ti savessci quande votte me son dito "scangio vitta", seunni de neutte, doppo in atra sconfitta... poi ti t'adesci. Lasceme noà comme i pesci in to o ma averto, l'acquario o me sta streito, a l'è a libertà che cerco. Da sempre co e mae forse, oua quarcosa ne sciorte ghe n'aivo quattorze, co a passion sempre ciu forte, e ho imparou che ti te arvi i euggi o mondo o te sciacca, se ti dae in atro senso a quello raggia, ti veddie che ti ghe sciorti da bratta! Ho visto zoeni smarrii apreuvo a e sostanse, lasciase andà zu pe l’aegua, inte l’indifferenza de vegi senza speranze. Rit. Tutti nascemmo con in na luxe, c’a guidda o cammin pe questi sente inte neutti ciù scue, a l’e quella scintilla, no fala muì, no fala asmortà da nisciun. A luxe dentro ai to euggi, no fala asmortà da nisciun manco da tie, primma che segge tardi Ho piggiou de-e mascae, ma son ancon in pe, con tutte e mae so, con tutti i mae fre, che lottan pe in tocco de pan, che pe in tocco spazio son aneti lontan... ah! Strensi i denti, tegni duu, se o l'e ben co te guidda, trasforma e speranse in vuentè, ti veddie che ti gh'a fae! Dagghe, dagghe (dagghe, dagghe) no licche lacche (no licche lacche) cunta de ciu quello che ti gh'e dentro o inte stacche? Megio miscio che nescio, avei di seunni anche d'adescio, tutta a falsitè a spussa ciu che o refrescumme de pescio! Ricordo quello che ho passou, oua amio a o doman, vivendo ancheu, e ringrassio i figgieu e i figgin, son lu atri i meistri, te rammentan che dentro de ti, no ti gh’è na pria, ma o cheu. O ma de nuette o t'amia e i mainè o san ben, lontan da o porto e da a riva o ce o l'e coverto e a luxe dund'a l'e? Rit.

    TRADUZIONE IN ITALIANO
    Tutti nasciamo con una luce, guida il cammino per questi sentieri. è quella scintilla, non farla morire, non farla spegnere da nessuno, neanche da te. A volte mi fermo, penso a quanto tempo passo con gli occhi su uno schermo, penso che penso troppo, dò voce ai pensieri, altrimenti scoppio. Siamo uomini e donne, ragazzi e ragazze: persone, con sentimenti, speranze, facce sorridenti o con voglia di piangere. Vite che a volte non vanno come vorresti, sapessi quante volte mi son detto cambio vita, sogni di notte dopo un'altra sconfitta...poi ti svegli. Lasciatemi nuotare come pesci in mare aperto, l'acquario mi sta stretto, è la libertà che cerco. Da sempre con le mie forze, ora qualcosa ne esce fuori, ne avevo quattordici, con la passione sempre più forte e ho imparato che apri gli occhi o il mondo ti schiaccia, se dai un altro senso a quella rabbia, vedrai che esci dal “fango”. Ho visto giovani smarriti dietro alle sostanze, lasciarsi andare giù per l’acqua nell’indifferenza di vecchi senza più speranze.
    Rit. Tutti nasciamo con luce che guida il cammino per questi sentieri nelle notti più scure, è quella scintilla, non farla morire, non farla spegnere da nessuno. La luce dentro ai tuoi occhi non farla spegnere da nessuno, neanche da te, prima che sia tardi. Ho preso schiaffi, ma sono ancora in piedi con tutte le mie sorelle, con tutti i miei fratelli che lottano per un pezzo di pane, che per un pezzo di spazio sono andati lontano. Stringi i denti, tieni duro, se è il bene che ti guida, trasforma le speranze in volontà, vedrai che ce la fai. “Dacci dentro, dacci dentro”, non “così e così”, conta di più quello che hai dentro o nelle tasche? Meglio senza soldi che stupido, aver dei sogni anche da sveglio, tutta la falsità puzza più del pesce marcio. Ricordo quello che ho passato, ora guardo al domani, vivendo oggi e ringrazio i ragazzi e i bambini, sono loro i maestri, ti ricordano che dentro di te non hai una pietra, ma un cuore. Il mare di notte ti guarda e i marinai lo sanno bene, lontano dal porto e dalla riva il cielo è coperto e la luce dov’è?


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