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di Claudia Sanguineti | 03 Marzo 2015 | in categoria/e attualita ecologia edizione cartacea games e techno tempo libero

Dai frati rumentari all'omonimo Vico a Genova. Ma soprattutto... cosa significa “rumenta”?

C'è un gran parlare di “rumenta” di questi tempi:  tra differenziata, cassonetti giusti e materiale da riciclare, questa parola si rincorre sulla bocca di tutti.  A proposito, ma che origini ha? A quanto pare la parola “rumenta” deriverebbe da fragmenta, modificato come in “ramenta” e infine “rumenta” per indicare i “frammenti, gli avanzi e le scorie di vari materiali”.  C'è un vicolo a Genova che un tempo si chiamava Vico Rumentari (oggi vico dei Corrieri) e che con ogni probabilità doveva il nome alla Congregazione dei Rumentari, gli “antenati” della raccolta differenziata. I frati infatti avevano il compito di pulire le botteghe distinguendo e raccogliendo i vari avanzi, dai trucioli alla segatura sino agli escrementi umani, per poi rivenderli a chi praticava... il riciclo. A loro si aggiugevano delle figure laiche che pulivano le strade e ritiravano la spazzatura a domicilio: vi ricorda qualcosa? Ma la cosa più curiosa sono le targhe di fine '400 che in latino invitano i genovesi a “spazzare e togliere la rumenta davanti a casa e di far trasportare le cose buttate dalla finestra in un posto non di impedimento, pena la multa”: insomma, la differenziata di oggi non è altro che una storia già sentita!
Occhio però: la parola rumenta non è solo “nostra”! E' assai diffusa nel Nord Italia, in particolare  in Piemonte, Lombardia e Toscana: indica la spazzatura, ma anche oggetti indistinti usati, rotti o logori, di nessuna utilità e valore, insomma, come direbbero da noi... degli angheisi!

Tratto da CORFOLE! del 3/2015, con 25.000 copie gratuite: la testata più diffusa del Levante © Riproduzione vietata

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