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attualità
01 Agosto 2009 | in categoria/e attualita
Il sogno della Serie A: due chiavaresi tra le promesse del calcio
Le storie di Simone e Michele, tra tentativi, infortuni, cadute e risalite: per non arrendersi mai
Giocherà con la maglia numero 17 e farà di tutto per dimostrare che il Frosinone, in Serie B, ha visto bene e che Simone Basso (foto 1) è un grande acquisto. L’attaccante chiavarese, classe 1982, è stato acquistato dal Club laziale e ha già segnato la sua prima rete in amichevole e si prepara a vivere una stagione da protagonista nel Campionato cadetto, l’anticamera del grande calcio della Serie A. Quel grande calcio dove il giovane Simone arrivò diciassettenne, ingaggiato dal Parma, dopo la trafila nel vivaio dell’Entella, sui campi della Colmata a Mare.
Esordisce così in Coppa Italia, dopo aver vestito la maglia della Nazionale Italiana under 16 con gente come Gilardino e Cassano. Il Parma crede in lui e nella stagione 2000/2001 è la quinta punta della società gialloblù, con campioni del calibro di Di Vaio, Amoroso, Milosevic e Mboma. Quella in Emilia fu un’avventura importante condivisa con mostri sacri del calcio come Buffon, Cannavaro e Thuram. Addetti ai lavori, osservatori, tecnici appiccicano addosso a Simone Basso l’etichetta di ‘grande promessa’. Però non sfonda. Sfortuna, infortuni, cattiva gestione da parte di procuratori. Basso lascia la serie A senza nemmeno una presenza e inizia a girovagare per la serie C: Livorno, Prato, Aglianese e scivola nell’anonimato del calcio italiano. Decide di ripartire daccapo e accetta la corte della Lavagnese in serie D: mette da parte l’ambizione, tira fuori il carattere. Si rivede il grande giocatore che era nascosto in lui. Si riaprono le porte del professionismo: Sangiovannese in C1 e poi Crotone, la sua isola felice anche se lontana migliaia di chilometri dalla sua Chiavari, dalla sua famiglia, dai suoi amici. Con la formazione calabrese Simone gioca 60 partite e segna parecchi goal. Il talento è riesploso. Il calcio italiano torna a ricordarsi di quel giovane che giocava nel Parma e, addirittura, una volta sembrava dovesse finire nelle giovanili del Bayern Monaco in Germania. Basso è di nuovo un giocatore. Vecchio stile, però. Di quelli che giocano con il cuore. Dal momento in cui si passa dal dilettantismo al professionismo, il calcio diventa industria, i giocatori fattori di produzione, le società di consumatori. Simone Basso è rimasto lo stesso ragazzo di prima: al termine della decisiva partita contro il Gallipoli nella quale va a segno, seppure il suo gol è ininfluente nel risultato finale, si siede in mezzo al campo, saluta i suoi tifosi, piange: “Eravamo ad un passo dalla promozione diretta in serie B (poi arrivata ai playoff, ndr). Finita la partita, forse per la stanchezza, forse per l’emozione, mi sono messo a piangere come un bambino”. I tifosi del Crotone gli hanno dedicato un video: “Chissà quando tornerò a giocare contro il Crotone se mi applaudiranno o mi fischieranno. Questo fa parte del gioco”.
Oggi Basso ha ritrovato la Serie B, il professionismo, ma non dimentica quei tanti suoi colleghi dilettanti: “Alla domenica, la prima cosa che guardo appena tornato a casa sono i risultati sul Televideo delle squadre tigulline in serie D. Lavagnese e Virtus Entella stanno provando ad emergere ma è difficile. Sono realtà che vivono sulla grande passione dei presidenti e di qualche dirigente. Dico loro di tenere duro, di credere ai proprio sogni”. Proprio come ha fatto lui.
E proprio come è successo a Michele Russo (foto 2), ruolo difensore, classe 1986, anch’egli cresciuto nelle giovanili dell’Entella. Ha raggiunto finalmente la serie C2, nel frattempo diventata Lega Pro-Seconda Divisione e ha firmato un contratto con la Carrarese. Per arrivare al grande calcio le aveva provate tutte, anche partecipare al reality-show di Italia Uno “Campioni”. La sua storia calcistica, cominciata all’età di 6 anni a Chiavari, contempla anche un’esperienza a Brescia, prima della Lavagnese. Ad un certo punto, sembrava finita: durante una partita atterra male sulla gamba destra e si rompe due legamenti crociati. Il periodo di riabilitazione è il suo più brutto ricordo: “è stato un inferno, ero moralmente a pezzi e non vedevo miglioramenti. Sono ancora molto grato ai fisioterapisti che mi sono stati vicino, ma in quei momenti devi essere psicologicamente forte. Devi farcela da solo”. Lui ci è riuscito. Simone Basso anche. Benvenuti (o ben tornati) nel grande calcio.
G. I.
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